In
molti, lo conoscevamo solo come velista. Era, a prima vista, uno di quei
"patiti" del catamarano, che non aspetta altro, se non correre a
Mondello e spingere fuori dalla striscia di sabbia dell'Albaria uno di
quei colorati hobie cat, per correre fra le onde. Era, semplicemente,
uno di noi. Qualche volta presente nelle regate d'altura, confuso fra
gli altri personaggi del... popolo della vela, che alterna con
disinvoltura i ricchi e i poveri, i notabili ai più semplici ragazzoni
con tanto tempo libero, in cerca di occupazione...
Lo ricordiamo far parte della flotta di indimenticabili edizioni della
long distance in catamarano "Priulla cup", nell'atmosfera mista del mare
e delle corse a tappe: si sostava a San Vito, Favignana e simili.
Si dormiva in albergo, trasformandolo in quartier generale. Un po' di
inevitabile caciara, ma anche atmosfere indimenticabili. Immaginatevi se
cademmo dalle nuvole, quando sapemmo dai giornali che Lorenzo Matassa,
oltre che velista, era, anche e soprattutto, un serio, coraggioso e
bravo magistrato della sezione penale.
Lotta alla mafia, condanne a catena agli uccisori di padre Puglisi,
mandanti compresi, dossier teatro Massimo, senza esclusione di colpi,
anche per l'establishment cittadino. Da allora, non c'è stato momento in
cui non abbiamo seguito l'amico sportivo, che si faceva, anche, tanto
valere in una professione così impegnativa.
Comunque, non sarebbe stato difficile, sin dall'inizio, accorgersi del
Matassa colto e preparato, capace di alternare latino, inglese e
francese, citare autori d'ogni dove, fra i più ed i meno conosciuti, con
rara capacità. Così, non c'è neppure da stupirsi che il magistrato abbia
vinto, più di recente, il concorso per l'ufficio europeo antifrode.
Incontrarlo ed avere un colloquio con lui si rivela, oggi, un grande
piacere. Dopo poche battute, ci confida, anche, che "tutto ciò che ha
teorizzato sulla difficile strada che porta alla verità, lo ha
letteralmente distillato in un romanzo". Una scelta insolita per un
magistrato. Almeno crediamo. Tanto più che non è una storia d'evasione,
ma proprio un giallo psicologico, che spazia nei significati profondi
della vita e nei misteri dell'intimo di ciascuno. Scopriamo presto,
quindi, un terzo Lorenzo Matassa, ancora una volta inatteso. Un uomo
tormentato dalla ricerca della verità e dalla difficoltà di individuarla
e trasfonderla in termini di Giustizia, almeno quanto tanta altra gente,
fra noi, che vive fra i non addetti ai lavori. Insomma, i confini della
verità sembrano allontanarsi, via via, come quelli di un orizzonte
marino, lungo una rotta di dimensioni oceaniche.
Matassa "pesca" da un cassetto una copia del suo libro "Stereogramma" e
ce ne fa dono, quasi subito con una bella ed inattesa dedica. Tanto più
nel contenuto abbastanza profondo. Si dimostra, quindi, buon
investigatore nel capire, dopo una battuta e mezza, che anche chi
ascolta si tormenta, a sua volta, senza capire fino in fondo il senso
autentico della realtà più vicina e, quindi, più scottante.
"La verità che consegniamo alla storia, anche da parte della giustizia,
non è una verità assoluta", precisa Matassa, "e, fra i tanti motivi,
spiccano non solo le perversioni dell'ambiente e quelle di tutto ciò che
è politico, ma la stessa perversione del sistema. Come possiamo parlare
a chi verrà dopo, magari fra molto, ai veri e propri storici del dopo,
di ciò che per noi era il senso della giustizia? Una serie di sentenze?
Sarebbe veramente troppo poco. Il senso di ciò che facciamo è intricato
da mille problemi all'interno della realtà psicologica, dalla difficoltà
di comunicare, ma anche di chiarire e di tradurre il tutto in termini di
Giustizia".
Ti riferisci ai misteri della Sicilia e dell'Italia di oggi, quelli che
tormentano anche la società civile. Voglio dire i tanti uomini comuni,
che non arrivano mai, nella propria vita ad avere la verità tanto vicina
da poterla, almeno teoricamente, toccare con mano, come voi magistrati?
"Vedi, il traguardo si allontana, come una sorta di boa mobile, da
quello che noi vorremmo che fosse". Per certi versi, sembra dire
Matassa, i nostri tormenti possono essere peggiori di quelli della gente
comune. Poi continua: "Ho una teoria che ti sembrerà un po' pittoresca.
In Italia in troppi hanno imparato a preparare un ricetta di cucina
molto particolare. Si chiama zuppa con l'imbroglio. E' una specialità
eoliana".
La conosco. E' la zuppa di mare preparata con una pietra raccolta in
acqua".
"Esattamente. La pietra, che sa di mare dà solo il profumo. Il resto è
imbroglio. Poi la pietra scompare e rimane un brodino di pesce, senza
che questo ci sia mai stato. La zuppa con l'imbroglio in Italia, è quasi
una regola".
Beh, puoi fare un esempio?
"L'esempio è già nei fatti, nelle cifre, nei numeri. Si capisce già da
un'analisi sommaria, spesso, quando ci si trova davanti a certe zuppe.
Prendi la tragedia aerea di Ustica:
E' normale che, a fronte di un dramma da ottantuno morti, il processo
annoveri, anche, dodici testimoni assassinati?".
Ma non si individuano motivi specifici?
"Difficile. Andrebbero ricercati nel sistema in generale. E questo è il
vero problema. In questi giorni sono stato richiesto di un intervento ad
un corso di approfondimento sulla storia recente. Ho ricordato una
massima di Maurice Duverger, la politique d'abord. E' nota: la politica
innanzi tutto. Perché, nella realtà moderna, per paradosso, persino un
bicchiere d'acqua, che beviamo, è frutto di azioni e scelte politiche.
Da qui, l'estrema importanza della politica stessa. Ma, purtroppo, la
regola in Italia è che la massima di Duverger è stata sostituita da
un'altra, che dice: les affaires d'abord. Protagoniste non sono le
scelte e le finalità politiche. Si è perduta la dimensione etica della
politica. Ciò che importa sono gli affari, la politica trova spazio solo
fra le righe. Ciò può portare a tutto. Infatti, è proprio ciò che
avviene".
Ma qualcosa di buono rimane...
"Ben poco, specie sul terreno morale. Alla base c'è, troppo spesso, un
pactum sceleris, un accordo scellerato. Ciò al di là di sentenze,
condanne, delitti. Da qui nasce la spinta che mi ha portato a scrivere
un libro. Per spiegare certe ragioni liberamente, come individuo e non
come magistrato, cioè fuori da ogni ufficialità, dichiarando che parlo
con la pura fantasia, cioè da uomo libero, come anche un magistrato ha
diritto di continuare ad essere fuori dal proprio ufficio".
Senti, da palermitano, ho sempre pensato che vi sono livelli diversi, ma
che il massimo non è neppure quello politico...
"No. Non è questo. Non basta. Nella nostra attività di approfondimento
non abbiamo riservato ambiti di impunità. Probabilmente la verità
processuale e quella sostanziale, a volte, hanno trovato divaricazioni,
sì che il male ha potuto allignare silenzioso, senza essere estirpato.
Ma questa è la manifestazione della natura delle cose".
E Matassa, insomma, la sua personale verità sul mondo e sulla storia
l'ha consegnata, da uomo, in un avvincente romanzo, un giallo moderno,
un'opera di fantasia, che, di certo, allude, però, ai suoi tormenti
professionali. Un plot da cui si potrebbe, di certo ricavare una fiction
d'eccezione. |
STEREOGRAMMA
Il libro racconta la
storia di due analisti criminologi che indagano su uno strano incidente:
due Mercedes blindate escono di strada causando una strage nella quale
perdono la vita gli otto passeggeri. L'identità delle vittime rende il
caso non facile da spiegare; trovano, infatti, la morte: il capo della
polizia; il più grande trafficante di eroina e cocaina del paese; un
criminale internazionale di nazionalità araba; una prostituita di
rilevante lignaggio; il presidente ed il direttore generale di una nota
banca d'affari multinazionale; un deputato conservatore; due guardie del
corpo.
I due analisti criminologi, che hanno un compito professionale a metà
tra quello del poliziotto e quello del Pubblico Ministero, sono Martino
De Figueroa e Jules Firinu. Il primo è un raffinato pensatore, uomo
colto e riflessivo; Jules, è un "ignorante assoluto", laureato - per sua
stessa compiaciuta ammissione - in "pizza napoletana con
specializzazione ai funghi"; un sostenitore del "pensiero semplice".
Nonostante le premesse ci si rendo conto fin dalle prime pagine che il
libro non è un romanzo giallo e che descrizione dell'indagine è solo
l'occasione per instaurare un dialogo col lettore, nella tormentosa
ricerca della verità, tramite lo "stereogramma".
Definire uno stereogramma non è facile: si tratta di uno strumento di
ricerca, rappresentato da una sorta di intuizione che consente di
trovare la chiave di lettura che consenta di percepire la verità.
Tramite lo stereogramma l'autore si muove alla ricerca della verità. Ed
invero, Matassa, non accetta che le verità possano essere "una , nessuna
e centomila": nonostante un fatto possa essere interpretato in numerosi
modi differenti tuttavia, nella sua opinione, solo una è la verità.
Quando la si scopre tutte le altre chiavi di lettura si dissolvono e
vengono superate.
Il processo di ricerca della verità è, tuttavia, tutt'altro che agevole
e si manifesta sotto forma di un dialogo pieno di divagazioni
apparentemente inutili tra Jules e Martino.
Un dialogo che propone numerosi interrogativi destinati a restare senza
risposta: cosa spinge, per esempio, un uomo 'normale' a lanciarsi nel
precipizio dell'abiezione? Cosa induce ad uccidere senza motivo? Ci sono
persone condannate all'ergastolo o in attesa di condanna che ancora non
sanno loro stesse perché hanno ucciso. Ci sono parenti di vittime di
reati inspiegabili che non avranno mai una risposta ai loro dolorosi
interrogativi.
L'autore si interroga anche sul livello di precisione della giustizia
dimostrando una preziosa consapevolezza della vulnerabilità di quella
regola secondo la quale la prima coincidenza può essere un caso, la
seconda è sfortuna, la terza volta…si ha una prova certa di
colpevolezza. Ed invero, "a volte la coincidenza, figlia spuria del
caso, tesse sugli uomini singolari trame ed orditi dai quali è difficile
districarsi." Chiunque potrebbe essere condannato per una serie di
coincidenze inspiegabili che inducono un ipotetico implacabile e miope
accusatore ad imputarci un delitto efferato e che potrebbero convincere
della nostra colpevolezza un giudice, "innamorato della sua potestà
infallibile" ed alcuni giudici popolari, "mediamente ignoranti,
mediamente disattenti, mediamente riflessivi su ciò che la moglie gli
avrà preparato a colazione piuttosto che sulle sorti dell'imputato e del
processo".
Nella ricerca della verità si innesta, dunque, una riflessione molto
sincera sull'errore giudiziario; sulla tenuta logica della prova, con la
consapevolezza del fatto che, spesso, anche la giustizia è zoppa innanzi
ai suoi stessi principi.
Il filo conduttore del libro resta la ricerca della verità che, secondo
l'autore, cerca chi la trova, andando incontro a chi è mentalmente
predisposto a percepirla, a chi dubita.
Questa ricerca si conclude positivamente per i due protagonisti e
permette di trovare il colpevole del delitto.
La soluzione del caso coinvolgerà, però, i più potenti uomini dello
Stato, svelando i torbidi intrecci tra politica e criminalità.
di David Grasso Castagnetta
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SEGMENTO AUREO
Il “Segmento Aureo” è uno
stupendo romanzo sulla Storia. La storia dell’uomo, la sua
predestinazione, il suo essere parte di un generale e necessario
progetto sono uno scenario per parlare di passioni profonde come
l’impegno morale, la vendetta, la fede, il tradimento, l’arte, l’amore.
La proporzione divina e la regola di equilibrio dell’Universo impongono
che esista il male, il dolore e la morte come corrispettivi delle cose
sublimi ed eterne che all’uomo sono concesse. Un invisibile tessitore
annoda le trame e gli orditi dei destini umani. Artico Blinder è un
predestinato dalla sorte che ha inciso sul suo corpo segni indelebili:
la deportazione, il numero della divina proporzione ed un paio di
sublimi ali tatuate.
Nell’ultimo giorno della sua vita egli narra l’incredibile storia della
reincarnazione da profugo ebreo moribondo ad abile e ricchissimo
scopritore dell’oro del terzo Reich.
Ribattezzato con il nome di un ghiacciaio cieco, disperso e
semiaffondato nelle acque di un’esistenza tempestosa in cui annegamento
e speranza di emersione si susseguono senza soluzione di continuità
senza un’apparente ragione, Artico Blinder attraversa indenne il
sentiero al limitare della morte senza mai cadervi dentro.
Ciò che tiene uniti i tasselli di quel destino (e del destino di milioni
di uomini) è l’amore per Elise Brown.
Il centro narrativo de “il Segmento Aureo” è proprio l’amore che, a
giusta ragione, diventa lo strumento per salvare il mondo. L’arte
sostiene quel sentimento, lo nutre e se ne fa compagna. Il protagonista
rivive con il lettore l’incontro con Henry Matisse ed il poeta Louis
Argon nella Francia del 1945 raccontando un particolare inedito della
vita del grande artista. Il romanzo storico si sviluppa da vere fonti
degli O.S.S. (uffici dei servizi informativi strategici americani)
solo di recente non più segrete. Sconosciuta alla quasi totalità dei
lettori, la ricostruzione ha una valenza davvero esplosiva nel giudizio
sulla storia contemporanea.
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