20 gennaio 2003

 


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Lorenzo MATASSA

 

Marinaio, velista, sportivo,
uomo libero...

Eclettico e sensibile, coinvolto da mille interessi, è entrato a buon ditritto negli ambienti ella nuova Europa, che lo accolto nell'ufficio antifrode. E' anche autore di due libri.

 

Di Germano Scargiali


Quarantaquattro anni, magistrato da sedici, figlio di un professore di filosofia, svolge le funzioni di Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica di Firenze. Durante gli anni di lavoro presso la Procura della Repubblica di Palermo ha sostenuto l'accusa in numerosi processi contro la criminalità organizzata e, tra questi, in quello relativo all'assassinio di Padre Pino Puglisi.
Stereogramma è il suo primo libro un giallo psicologico, una coinvolgente fiction su carta stampata, Segmento Aureo la sua seconda opera che è stata presentata di recente a Palermo.

In molti, lo conoscevamo solo come velista. Era, a prima vista, uno di quei "patiti" del catamarano, che non aspetta altro, se non correre a Mondello e spingere fuori dalla striscia di sabbia dell'Albaria uno di quei colorati hobie cat, per correre fra le onde. Era, semplicemente, uno di noi. Qualche volta presente nelle regate d'altura, confuso fra gli altri personaggi del... popolo della vela, che alterna con disinvoltura i ricchi e i poveri, i notabili ai più semplici ragazzoni con tanto tempo libero, in cerca di occupazione...
Lo ricordiamo far parte della flotta di indimenticabili edizioni della long distance in catamarano "Priulla cup", nell'atmosfera mista del mare e delle corse a tappe: si sostava a San Vito, Favignana e simili.
Si dormiva in albergo, trasformandolo in quartier generale. Un po' di inevitabile caciara, ma anche atmosfere indimenticabili. Immaginatevi se cademmo dalle nuvole, quando sapemmo dai giornali che Lorenzo Matassa, oltre che velista, era, anche e soprattutto, un serio, coraggioso e bravo magistrato della sezione penale.
Lotta alla mafia, condanne a catena agli uccisori di padre Puglisi, mandanti compresi, dossier teatro Massimo, senza esclusione di colpi, anche per l'establishment cittadino. Da allora, non c'è stato momento in cui non abbiamo seguito l'amico sportivo, che si faceva, anche, tanto valere in una professione così impegnativa.
Comunque, non sarebbe stato difficile, sin dall'inizio, accorgersi del Matassa colto e preparato, capace di alternare latino, inglese e francese, citare autori d'ogni dove, fra i più ed i meno conosciuti, con rara capacità. Così, non c'è neppure da stupirsi che il magistrato abbia vinto, più di recente, il concorso per l'ufficio europeo antifrode.
Incontrarlo ed avere un colloquio con lui si rivela, oggi, un grande piacere. Dopo poche battute, ci confida, anche, che "tutto ciò che ha teorizzato sulla difficile strada che porta alla verità, lo ha letteralmente distillato in un romanzo". Una scelta insolita per un magistrato. Almeno crediamo. Tanto più che non è una storia d'evasione, ma proprio un giallo psicologico, che spazia nei significati profondi della vita e nei misteri dell'intimo di ciascuno. Scopriamo presto, quindi, un terzo Lorenzo Matassa, ancora una volta inatteso. Un uomo tormentato dalla ricerca della verità e dalla difficoltà di individuarla e trasfonderla in termini di Giustizia, almeno quanto tanta altra gente, fra noi, che vive fra i non addetti ai lavori. Insomma, i confini della verità sembrano allontanarsi, via via, come quelli di un orizzonte marino, lungo una rotta di dimensioni oceaniche.
Matassa "pesca" da un cassetto una copia del suo libro "Stereogramma" e ce ne fa dono, quasi subito con una bella ed inattesa dedica. Tanto più nel contenuto abbastanza profondo. Si dimostra, quindi, buon investigatore nel capire, dopo una battuta e mezza, che anche chi ascolta si tormenta, a sua volta, senza capire fino in fondo il senso autentico della realtà più vicina e, quindi, più scottante.
"La verità che consegniamo alla storia, anche da parte della giustizia, non è una verità assoluta", precisa Matassa, "e, fra i tanti motivi, spiccano non solo le perversioni dell'ambiente e quelle di tutto ciò che è politico, ma la stessa perversione del sistema. Come possiamo parlare a chi verrà dopo, magari fra molto, ai veri e propri storici del dopo, di ciò che per noi era il senso della giustizia? Una serie di sentenze? Sarebbe veramente troppo poco. Il senso di ciò che facciamo è intricato da mille problemi all'interno della realtà psicologica, dalla difficoltà di comunicare, ma anche di chiarire e di tradurre il tutto in termini di Giustizia".
Ti riferisci ai misteri della Sicilia e dell'Italia di oggi, quelli che tormentano anche la società civile. Voglio dire i tanti uomini comuni, che non arrivano mai, nella propria vita ad avere la verità tanto vicina da poterla, almeno teoricamente, toccare con mano, come voi magistrati?
"Vedi, il traguardo si allontana, come una sorta di boa mobile, da quello che noi vorremmo che fosse". Per certi versi, sembra dire Matassa, i nostri tormenti possono essere peggiori di quelli della gente comune. Poi continua: "Ho una teoria che ti sembrerà un po' pittoresca. In Italia in troppi hanno imparato a preparare un ricetta di cucina molto particolare. Si chiama zuppa con l'imbroglio. E' una specialità eoliana".
La conosco. E' la zuppa di mare preparata con una pietra raccolta in acqua".
"Esattamente. La pietra, che sa di mare dà solo il profumo. Il resto è imbroglio. Poi la pietra scompare e rimane un brodino di pesce, senza che questo ci sia mai stato. La zuppa con l'imbroglio in Italia, è quasi una regola".
Beh, puoi fare un esempio?
"L'esempio è già nei fatti, nelle cifre, nei numeri. Si capisce già da un'analisi sommaria, spesso, quando ci si trova davanti a certe zuppe. Prendi la tragedia aerea di Ustica:
E' normale che, a fronte di un dramma da ottantuno morti, il processo annoveri, anche, dodici testimoni assassinati?".
Ma non si individuano motivi specifici?
"Difficile. Andrebbero ricercati nel sistema in generale. E questo è il vero problema. In questi giorni sono stato richiesto di un intervento ad un corso di approfondimento sulla storia recente. Ho ricordato una massima di Maurice Duverger, la politique d'abord. E' nota: la politica innanzi tutto. Perché, nella realtà moderna, per paradosso, persino un bicchiere d'acqua, che beviamo, è frutto di azioni e scelte politiche. Da qui, l'estrema importanza della politica stessa. Ma, purtroppo, la regola in Italia è che la massima di Duverger è stata sostituita da un'altra, che dice: les affaires d'abord. Protagoniste non sono le scelte e le finalità politiche. Si è perduta la dimensione etica della politica. Ciò che importa sono gli affari, la politica trova spazio solo fra le righe. Ciò può portare a tutto. Infatti, è proprio ciò che avviene".
Ma qualcosa di buono rimane...
"Ben poco, specie sul terreno morale. Alla base c'è, troppo spesso, un pactum sceleris, un accordo scellerato. Ciò al di là di sentenze, condanne, delitti. Da qui nasce la spinta che mi ha portato a scrivere un libro. Per spiegare certe ragioni liberamente, come individuo e non come magistrato, cioè fuori da ogni ufficialità, dichiarando che parlo con la pura fantasia, cioè da uomo libero, come anche un magistrato ha diritto di continuare ad essere fuori dal proprio ufficio".
Senti, da palermitano, ho sempre pensato che vi sono livelli diversi, ma che il massimo non è neppure quello politico...
"No. Non è questo. Non basta. Nella nostra attività di approfondimento non abbiamo riservato ambiti di impunità. Probabilmente la verità processuale e quella sostanziale, a volte, hanno trovato divaricazioni, sì che il male ha potuto allignare silenzioso, senza essere estirpato.
Ma questa è la manifestazione della natura delle cose".
E Matassa, insomma, la sua personale verità sul mondo e sulla storia l'ha consegnata, da uomo, in un avvincente romanzo, un giallo moderno, un'opera di fantasia, che, di certo, allude, però, ai suoi tormenti professionali. Un plot da cui si potrebbe, di certo ricavare una fiction d'eccezione.

 

 


IMPRESSIONI DI UN LETTORE
 

Stereogramma

Segmento Aureo


 

STEREOGRAMMA

Il libro racconta la storia di due analisti criminologi che indagano su uno strano incidente: due Mercedes blindate escono di strada causando una strage nella quale perdono la vita gli otto passeggeri. L'identità delle vittime rende il caso non facile da spiegare; trovano, infatti, la morte: il capo della polizia; il più grande trafficante di eroina e cocaina del paese; un criminale internazionale di nazionalità araba; una prostituita di rilevante lignaggio; il presidente ed il direttore generale di una nota banca d'affari multinazionale; un deputato conservatore; due guardie del corpo.
I due analisti criminologi, che hanno un compito professionale a metà tra quello del poliziotto e quello del Pubblico Ministero, sono Martino De Figueroa e Jules Firinu. Il primo è un raffinato pensatore, uomo colto e riflessivo; Jules, è un "ignorante assoluto", laureato - per sua stessa compiaciuta ammissione - in "pizza napoletana con specializzazione ai funghi"; un sostenitore del "pensiero semplice".
Nonostante le premesse ci si rendo conto fin dalle prime pagine che il libro non è un romanzo giallo e che descrizione dell'indagine è solo l'occasione per instaurare un dialogo col lettore, nella tormentosa ricerca della verità, tramite lo "stereogramma".
Definire uno stereogramma non è facile: si tratta di uno strumento di ricerca, rappresentato da una sorta di intuizione che consente di trovare la chiave di lettura che consenta di percepire la verità.
Tramite lo stereogramma l'autore si muove alla ricerca della verità. Ed invero, Matassa, non accetta che le verità possano essere "una , nessuna e centomila": nonostante un fatto possa essere interpretato in numerosi modi differenti tuttavia, nella sua opinione, solo una è la verità. Quando la si scopre tutte le altre chiavi di lettura si dissolvono e vengono superate.
Il processo di ricerca della verità è, tuttavia, tutt'altro che agevole e si manifesta sotto forma di un dialogo pieno di divagazioni apparentemente inutili tra Jules e Martino.
Un dialogo che propone numerosi interrogativi destinati a restare senza risposta: cosa spinge, per esempio, un uomo 'normale' a lanciarsi nel precipizio dell'abiezione? Cosa induce ad uccidere senza motivo? Ci sono persone condannate all'ergastolo o in attesa di condanna che ancora non sanno loro stesse perché hanno ucciso. Ci sono parenti di vittime di reati inspiegabili che non avranno mai una risposta ai loro dolorosi interrogativi.
L'autore si interroga anche sul livello di precisione della giustizia dimostrando una preziosa consapevolezza della vulnerabilità di quella regola secondo la quale la prima coincidenza può essere un caso, la seconda è sfortuna, la terza volta…si ha una prova certa di colpevolezza. Ed invero, "a volte la coincidenza, figlia spuria del caso, tesse sugli uomini singolari trame ed orditi dai quali è difficile districarsi." Chiunque potrebbe essere condannato per una serie di coincidenze inspiegabili che inducono un ipotetico implacabile e miope accusatore ad imputarci un delitto efferato e che potrebbero convincere della nostra colpevolezza un giudice, "innamorato della sua potestà infallibile" ed alcuni giudici popolari, "mediamente ignoranti, mediamente disattenti, mediamente riflessivi su ciò che la moglie gli avrà preparato a colazione piuttosto che sulle sorti dell'imputato e del processo".
Nella ricerca della verità si innesta, dunque, una riflessione molto sincera sull'errore giudiziario; sulla tenuta logica della prova, con la consapevolezza del fatto che, spesso, anche la giustizia è zoppa innanzi ai suoi stessi principi.
Il filo conduttore del libro resta la ricerca della verità che, secondo l'autore, cerca chi la trova, andando incontro a chi è mentalmente predisposto a percepirla, a chi dubita.
Questa ricerca si conclude positivamente per i due protagonisti e permette di trovare il colpevole del delitto.
La soluzione del caso coinvolgerà, però, i più potenti uomini dello Stato, svelando i torbidi intrecci tra politica e criminalità.

di David Grasso Castagnetta

SEGMENTO AUREO

Il “Segmento Aureo” è uno stupendo romanzo sulla Storia. La storia dell’uomo, la sua predestinazione, il suo essere parte di un generale e necessario progetto sono uno scenario per parlare di passioni profonde come l’impegno morale, la vendetta, la fede, il tradimento, l’arte, l’amore. La proporzione divina e la regola di equilibrio dell’Universo impongono che esista il male, il dolore e la morte come corrispettivi delle cose sublimi ed eterne che all’uomo sono concesse. Un invisibile tessitore annoda le trame e gli orditi dei destini umani. Artico Blinder è un predestinato dalla sorte che ha inciso sul suo corpo segni indelebili: la deportazione, il numero della divina proporzione ed un paio di sublimi ali tatuate.
Nell’ultimo giorno della sua vita egli narra l’incredibile storia della reincarnazione da profugo ebreo moribondo ad abile e ricchissimo scopritore dell’oro del terzo Reich.
Ribattezzato con il nome di un ghiacciaio cieco, disperso e semiaffondato nelle acque di un’esistenza tempestosa in cui annegamento e speranza di emersione si susseguono senza soluzione di continuità senza un’apparente ragione, Artico Blinder attraversa indenne il sentiero al limitare della morte senza mai cadervi dentro.
Ciò che tiene uniti i tasselli di quel destino (e del destino di milioni di uomini) è l’amore per Elise Brown.
Il centro narrativo de “il Segmento Aureo” è proprio l’amore che, a giusta ragione, diventa lo strumento per salvare il mondo. L’arte sostiene quel sentimento, lo nutre e se ne fa compagna. Il protagonista rivive con il lettore l’incontro con Henry Matisse ed il poeta Louis Argon nella Francia del 1945 raccontando un particolare inedito della vita del grande artista. Il romanzo storico si sviluppa da vere fonti degli O.S.S. (uffici dei servizi informativi strategici americani) solo di recente non più segrete. Sconosciuta alla quasi totalità dei lettori, la ricostruzione ha una valenza davvero esplosiva nel giudizio sulla storia contemporanea.