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Oltre il ragionevole dubbio 
(Il caso Forti)
 
Menzogne o disperazione?

 

Esaminiamo, adesso, quali dichiarazioni rese Enrico Forti alla Polizia di Miami in quella notte e cerchiamo di valutare se dietro quella mancata verità (perché sul fatto che l’imputato mentì non vi sono dubbi di nessun genere) vi sia stato un atto di coercizione, una strategia diretta a prendere tempo sulle investigazioni oppure, più semplicemente, paura.
È necessario evidenziare che l’audizione del Forti comincia alle 20:15 della sera del 19 febbraio 1998 e formalmente si conclude due ore dopo, alle 22:15.
Abbiamo lasciato in modo testuale le frasi più importanti della sua deposizione mentre abbiamo accorpato, per semplicità di lettura, le altre risposte.
Il verbale è, però, fedele al contenuto probatorio delle dichiarazioni.

Domanda: Può declinare le sue generalità?
Risposta: Sì. Mi chiamo Enrico Forti e sono nato a Trento l’8 febbraio 1959. Risiedo a San Remo, via Nuvoloni 81.
Domanda: Conosce il codice di avviamento postale di quel luogo?
Risposta: No. Quella residenza è solo formale. Sono sempre in giro e passo buona parte della mia vita a Montecarlo. Viaggio spesso in Francia e Germania. Sono spesso sulle televisioni di Francia e Germania.
Domanda: Lei risiede in Miami?
Risposta: Io risiedo cinque mesi l’anno a Miami ed il resto dell’anno in Europa.
Domanda: Quale indirizzo in Miami?
Risposta: C 205 3700 Island Boulevard a Williams Island, Aventura, Florida.
Domanda: C 205 è un appartamento?
Risposta: Sì.
Domanda: Il suo numero di telefono?
Risposta: 305-932-0213.
Domanda: Ha un numero di carta sociale?
Risposta. No.
Domanda: Le chiederò di una persona che si chiama Anthony Pike, può riferirci quando lo ha incontrato?
Risposta: L’ho incontrato per la prima volta alla fine di novembre del 1997 a Williams Island.
Domanda: Venne a trovarla?
Risposta: No. Non venne a trovare me. Venne a trovare un tedesco che viveva lì. Il suo nome è Tom Knott.
Domanda: Lei conosce il Knott?
Risposta: Sì.
Domanda: Da quanto tempo lo conosce?
Risposta: Probabilmente da circa otto o nove mesi.
Domanda: Dove lo ha conosciuto?
Risposta: A Williams Island, viveva proprio sotto il mio appartamento ed è sempre in piscina. Viviamo nello stesso complesso immobiliare.
Domanda: È giusto dire che lei ha conosciuto Pike allorché questi venne a trovare il Knott?
Risposta: Sì.
Domanda: Quali sono le sue relazioni con il Pike?
Risposta: Amicizia e affari.
Domanda: Che tipo di affari?
Risposta: Ho una joint venture su un albergo. Ho comprato il cinque per cento della proprietà dell’albergo.
Domanda: Come si chiama l’albergo?
Risposta: Hotel Pikes. Ha lo stesso nome di Anthony ma con una S finale.
Domanda: Dove si trova?
Risposta: Ibiza, in Spagna. Un’isola a sud della Spagna nel Mare Mediterraneo.
Domanda: Così, lei ha conosciuto Pike in novembre e subito è divenuto proprietario di una parte dell’albergo?
Risposta: Sì, perché lo scopo della visita in America del Pike era proprio quella di trovare investitori per l’albergo. Pike cercava persone interessate all’investimento nell’albergo.
Domanda: Come era determinato il suo investimento?
Risposta: All’inizio non ero interessato affatto, ma poi me ne sono interessato per il fatto che fosse frequentato da numerose celebrità… io lavoro non lontano da quei luoghi perché mi occupo di affari nel campo delle pubbliche relazioni e compresi che l’albergo poteva diventare un affare.
Domanda: Lei è mai stato presso quell’albergo?
Risposta: Certamente.
Domanda: Quando?
Risposta: Vi andai, ma non ricordo esattamente la data, e vi andai con Anthony Pike proprio in ragione dell’affare. Vi rimasi solo un giorno perché subito mi recai in Italia per adempiere a numerosi impegni. Lasciai l’albergo presto al mattino.
Domanda: È corretto dire che lei è stato in quell’albergo solo due volte?
Risposta: Sì. Una seconda volta vi rimasi per tre o quattro giorni. Visitammo Bankalov e al contempo visionammo tutto quello che era necessario per concludere l’affare, fui presentato al personale, al notaio, a tutti coloro che lavoravano per l’albergo financo all’idraulico.
Domanda: Quando furono realizzate le attività preparatorie per l’affare?
Risposta: Precisamente non ricordo. Penso che fosse la terza settimana di gennaio. Ritornai da Montecarlo e volammo ad Ibiza, era un venerdì. Però non ricordo esattamente quando.
Domanda: L’atto fu realizzato in Ibiza?
Risposta: Sì. Presso l’ufficio del notaio ad Ibiza.
Domanda: Si ricorda il nome del notaio?
Risposta: Potrei essere più preciso se riuscissi ad usare il mio… è possibile che il nome sia German o qualcosa di similare… German Lèon o qualcosa di similare. Il commercialista si chiama Pepe Serra.
Domanda: Insistiamo. Conosce il nome del notaio?
Risposta. Lèon German. Il nome può desumersi dagli atti. È indicato negli atti.
Domanda: Lei possiede il cinque per cento della società?
Risposta: Sì.
Domanda: Espresso in dollari, quanto è stimabile l’ammontare?
Risposta: Non vi è un esatto ammontare perché potrebbe stimarsi venti o venticinquemila dollari visto che vi sono molte cose da considerare. Sull’albergo pesa un mutuo pari a circa quattrocentomila dollari. Vi sono prestiti personali da garantire per circa duecentomila sterline.
Domanda: Provi a dare un valore complessivo…
Risposta: Di sole esposizioni economiche, tutte incluse, si può parlare di circa unmilione e novecentomila dollari. Vi sono anche circa trecento o quattrocentomila dollari per ristrutturazioni. L’albergo produce circa trecentomila dollari l’anno di entrate ma esse operano solo per i mesi estivi perché pur essendo l’albergo in ottima posizione e il clima mite non è stata fatta una politica di promozione del luogo durante i mesi della bassa stagione. I clienti sono soltanto coloro che conoscono l’albergo e vi si recano ogni anno.
Vi è poi da dire che non è facile raggiungere l’albergo e che bisogna veramente conoscere la strada per arrivarvi essendo lontano dai normali percorsi stradali. Il fatto che si lavori soltanto nei mesi di luglio, agosto e settembre e molto limitativo.
Domanda: Insomma, è un buon investimento?
Risposta: Sì. È un buon investimento, una sfida per il futuro, qualcosa su cui puntare.
Domanda: Può quantificare il valore di questo investimento o no?
Risposta: Il mio investimento supera il valore del cinque per cento ma è una posta di lungo periodo. Non è certamente qualcosa da valutare adesso o nel breve periodo.
Domanda: Può quantificare il denaro che ha versato per questo investimento?
Risposta: Beh… vi ho messo il mio tempo, il denaro che ho versato negli ultimi due mesi, accrediti di contante, pagamenti dei mutui. Ho comprato anche un’auto per Pike. Si tratta di una somma che eccede centomila dollari.
Domanda: Quindi possiamo dire che ha investito centomila dollari?
Risposta: Sì. Forse centocinquantamila dollari, duecentomila se calcolo il mio tempo. Non posso certo valutare il valore del tempo che vi ho speso.
Domanda: Perfetto. Prendiamo per buona la complessiva somma di duecentomila dollari. Adesso può chiarirci chi era presente davanti al notaio quando si concluse l’affare?
Risposta: Il commercialista, io stesso, Anthony. Vi ricordo che il notaio in Europa è come un giudice. La sua funzione ed il suo ruolo è completamente diverso rispetto a quello americano.
Domanda: Non portò alla negoziazione un suo avvocato?
Risposta: Non ve ne era alcun bisogno. In Europa se si perfeziona un contratto e si va dal notaio è come se si andasse da un giudice. Si sottoscrive davanti a lui e lui verifica la bontà di quello che i contraenti vogliono concludere. È il notaio che dice: «è chiaro il contenuto dell’atto che state firmando? È a voi del tutto chiaro?». È il notaio che controlla tutto, che verifica se tutto è regolare e dopo la sottoscrizione consegna una copia a ciascuno dei contraenti.
Domanda: È questo il modo di concludere gli accordi in Europa?
Risposta: Sì… forse più complicato rispetto agli Stati Uniti però più sicuro.
Domanda: Perfetto. Dunque, quando ha visto per l’ultima volta Tony Pike?
Risposta: Ho visto Tony Pike per l’ultima volta quando ho lasciato Ibiza. Era la fine di gennaio o gli inizi di febbraio. Ricordo che non stavo bene in salute anzi ero proprio a terra se è vero che per imbarcarmi in aereo mi introdussero con la sedia a rotelle. Avevo febbre forte e sentivo un freddo terribile.
Domanda: Ha mantenuto comunicazioni telefoniche con Tony Pike?
Risposta: Certamente. Ogni giorno.
Domanda: Per lettera o per telefono?
Risposta: Telefono, lettere, fax… quasi ogni giorno.
Domanda: Quando gli ha parlato per l’ultima volta?
Risposta: Gli ho parlato quando ho comprato i suoi biglietti d’aereo. Due giorni fa.
Domanda: Che tipo di biglietti aveva comprato?
Risposta: Un biglietto via Madrid, Madrid/New York, New York/Miami.
Domanda: Quale motivo aveva Tony Pike per venire a Miami?
Risposta: Doveva stare qui per un po’ di tempo perché era suo desiderio aprire un albergo come il Pikes Hotel qui a Miami. L’albergo avrebbe lavorato nei mesi in cui quello di Ibiza era chiuso. Cercava di far convergere a Miami le persone che frequentavano il suo albergo d’estate.
Domanda: Un’idea, quella di Pike, che pure lei promuoveva…
Risposta: Sì, certo. Io stesso avevo cercato un albergo in Ocean Drive ma i prezzi in quella zona erano proibitivi.
Domanda: Dunque, lei ha detto che il volo avrebbe fatto uno stop a New York. Perché?
Risposta: A New York dovevamo incontrare il Vicepresidente dello Sheraton Itt Corporation. Si trattava della società che possiede il grande albergo e casinò “Caesar’s Palace” di Las Vegas. La persona che dovevamo incontrare si chiamava Jay Forbay. L’idea era quella di realizzare, a Las Vegas, uno spettacolo simile a quello che stavo organizzando a Parigi per il quattro di luglio. Dovavamo contattare personaggi famosi per farne dei testimonial dell’iniziativa…
Domanda: Perfetto. Ebbe ad incontrare questi signori?
Risposta: No. Arrivai a New York… o meglio arrivai a circa centocinquantametri dall’albergo dove avrei dovuto alloggiare quando ricevetti, per telefono, la notizia da Jane Frederick. Mi disse cosa era accaduto a Tony ed a suo figlio. Io dissi soltanto al tassista di fare retromarcia. Chiesi a Jane Frederick: «Per piacere, aiutami a prendere il primo volo per Miami perché devo ritornare al più presto…».
Domanda: Chi era Jane Frederick?
Risposta: È un’amica di Anthony Pike che viveva a New York e che era per noi un punto di contatto telefonico. Tony, infatti, una volta arrivato a New York mi avrebbe aspettato presso Jane.
Domanda: Era una fidanzata di Tony?
Risposta: Sì. Diciamo una vecchia fiamma, per quello che ne so. Tony mi aveva mostrato fotografie in cui era ritratto nell’albergo di Ibiza in compagnia della Frederick e ciò mi ha fatto ritenere che tra i due vi fosse stata una storia sentimentale in passato.
Domanda: Quindi, lei chiamò per sapere dove Anthony fosse finito?
Risposta: No… non chiamai per questo. Dapprima le chiesi se Tony fosse arrivato e ne ebbi la risposta che la Polizia l’aveva chiamata e non sapeva bene cosa fosse accaduto. Io le chiesi: «Come mai Tony non è da te?» e lei mi rispose: «Non è da me. Non sai? Hanno ucciso suo figlio!». Ero basito. Poi Jane aggiunse che Tony era andato direttamente a Miami perché avrebbe dovuto dare immediatamente una serie d’informazioni alla Polizia.
Domanda: Quali informazioni le diede la Frederick sull’assassinio?
Risposta: Nulla. Mi disse soltanto che il figlio era stato ucciso.
Domanda: Le disse in quale modo era stato ucciso?
Risposta: Mi disse che non sapeva nulla di preciso e che non aveva informazioni chiare. Non sapeva neppure se Tony sapeva della tragedia e in quale modo gli fosse stata comunicata. Per questo motivo chiesi a mia moglie di andare subito in aeroporto ad attendere Tony, perché potesse dargli un sostegno ed un aiuto. Mi disse che Tony doveva essere già partito alla volta di Miami o era ormai prossimo alla partenza.
Domanda: Da quel dialogo con la Frederick aveva tratto l’idea che Tony era arrivato a New York e ne era ripartito o che, arrivato, sarebbe stato imbarcato sul primo volo per Miami?
Risposta: No. Ero sicuro che fosse arrivato a New York sulla base degli orari. Ero io che avevo fatto i biglietti. Doveva arrivare prima di me.
Domanda: Bene… appena appresa questa notizia lei cosa fece?
Risposta: Telefonai a tutti quelli che potevano essermi d’aiuto. Telefonai a mia moglie per dirle di raggiungere Tony in aeroporto anche se poi realizzai di avere fatto qualcosa di pericoloso per la salute di mia moglie, che era incinta e quella dei miei figli, che sarebbero rimasti soli con il nonno che non era in grado di accudirli. Chiamai Gary Schiaffo, un ex detective che aveva diretto le indagini per il caso Cunanan, e gli chiesi: «Per piacere, detective, so che ormai sei in pensione ma forse puoi ancora aiutarmi. Il mio migliore amico è stato ucciso o qualcosa gli è accaduto, puoi aiutarmi a comprendere cosa è accaduto, poiché le informazioni che ho avuto sono confuse. Puoi farmi sapere qualcosa di più? E ancora, c’è un altro mio amico che avrebbe dovuto arrivare all’aeroporto. Puoi per piacere aiutare mia moglie a raggiungere l’aeroporto per accoglierlo?».
Domanda: E cosa le disse Gary?
Risposta: Mi disse: «Non temere, chiamerò subito ma puoi spiegarmi meglio?» e io risposi: «Non so proprio Gary, mi hanno telefonato e mi hanno detto che questo mio amico era stato ucciso. Non so null’altro. Ad informarmi è stata una signora che vive a New York dove avrei dovuto incontrare Tony. Le informazioni sono parte del tuo lavoro». Ciò dissi perché quando per la priva volta incontrai Gary, egli era con me associato ad un programma televisivo. Mi avvalevo della sua grande esperienza in materia di omicidi. Così immediatamente pensai a lui. Egli era l’uomo giusto. Gary mi assicurò che mi avrebbe aiutato e che avrebbe aiutato mia moglie fino a quando fossi atterrato a Miami con il primo volo possibile, anche se decise di rimanere a casa da dove sarebbe stato più facile coordinare ogni cosa.
Domanda: Oltre a Gary Schiaffo telefonò ad altre persone?
Risposta: Chiamai il mio albergo a New York per disdire l’appuntamento con Jay Forbay.
Domanda: Altre telefonate?
Risposta: Chiamai la TWA per prenotare un nuovo posto in aereo. Riuscii a trovarlo su un volo che partiva dall’aeroporto La Guardia dove mi recai. Lì attesi il tempo necessario facendo altre telefonate anche alla Polizia di Miami e dicendo, con il mio pessimo inglese, che ero a disposizione per ogni necessità, a qualunque ora lo avessero voluto.
Domanda: Bene… e cos’altro fece?
Risposta: Attesi ancora all’aeroporto e chiamai al beeper, ancora una volta, il detective Gary Schiaffo. Chiamai mia moglie Heather perché ancora attendeva all’aeroporto e mia moglie mi comunicò che Tony non era ancora arrivato. Così pensai di lasciare che lei tornasse a casa e mi interessai direttamente con la TWA che mi comunicò che il ritardo dell’aereo che stava riportando Tony a Miami era superiore od agni previsione e che, con tutta probabilità, io sarei arrivato prima di lui. Così in effetti avvenne. Arrivai con un volo dell’American Airlines e subito mi recai al gate della TWA per vedere se Tony fosse arrivato. Mi addentrai, grazie ai miei biglietti, fino all’uscita del finger del volo dove sicuramente doveva essere Tony. Ma di lui neppure l’ombra. Aspettai, aspettai ed aspettai ancora. Chiesi, e mi dissero che dall’aereo doveva sbarcare soltanto una donna in carrozzella. Conoscevo bene la preposta della TWA e le chiesi di aiutarmi a capire se Tony si era imbarcato e dove poteva essere finito. La preposta si chiamava Jackie e cercò nel computer riferendomi che Tony risultava regolarmente imbarcato con un preciso numero di posto ma che non sapeva perché non era pervenuto all’uscita. Aspettai addirittura fino alle due di notte. Non vi erano ormai più di dieci passeggeri in attesa nell’intero aeroporto. Jackie mi disse che non potevo più attendere lì, che avrebbe dovuto chiudere perché il prossimo volo sarebbe partito l’indomani mattina alle sette. Tornai a casa e anche da lì continuai a cercare anche presso gli alberghi per sapere se, per caso, Tony fosse rimasto a New York.
Domanda: Continui…
Risposta: Cercai di dormire ma non potevo riuscirci. Dormii forse due ore e prestissimo al mattino chiamai l’albergo di Ibiza per sapere qualcosa di più. Rispose la voce della segreteria telefonica e io lasciai un messaggio dicendo se era possibile essere richiamato. Chiamai ancora una volta la Polizia di Miami e nessuno mi rispose così lasciai un nuovo messaggio.
Domanda: Chiamò ancora una volta Gary Schiaffo?
Risposta: Sì, ma rispondeva una segreteria telefonica…
Domanda: Dunque, lei ha fatto riferimento all’omicidio di Dale Pike. Lo conosceva?
Risposta: No. Gli ho soltanto parlato per telefono numerose volte.
Domanda: Gli ha parlato da Ibiza?
Risposta: Gli ho parlato dalla Spagna e dal Marocco. Perché mi chiesero se potevano andare oltre nell’acquisto di arredamenti per l’albergo da reperire proprio in Marocco. Li autorizzai a fare quegli acquisti. Così andarono in Marocco e durante quel periodo ci parlammo al telefono numerose volte. Avevano anche una carta di credito American Express e non potevano usare la Visa. Così Tony mi chiese il favore di trasferirgli del denaro dalla City Bank a Casablanca. Andai alla City Bank e feci di tutto per trasferire la somma che, tuttavia, non arrivò a tempo visto che la data della loro partenza era prevista per domenica e già ci trovavamo a martedì o mercoledì. Così chiamai Tony e gli dissi se poteva fare le operazioni attraverso le carte di credito. Lui mi rispose che non si poteva e che per fare l’acquisto ci voleva denaro contante. Tentai di fare arrivare denaro contante ma non vi riuscii. Anthony mi ringraziò comunque. Fu questa l’occasione in cui ripetutamente ebbi l’opportunità di parlare con Dale.
Domanda: Lei sa perché Anthony non poteva utilizzare le sue carte di credito?
Risposta: Certo lo so molto bene.
Domanda: E perché? Può spiegarcelo?
Risposta: Perché le carte erano state utilizzate fraudolentemente e oltre il limite, sicché erano state bloccate.
Domanda: Conosce il nome di chi le aveva utilizzate fraudolentemente?
Risposta: Sì. È un uomo di origine tedesca. Si chiama Thomas Knott. Abita sotto casa mia a Williams Island e spesso si attarda in piscina. E così che l’ho conosciuto.
Domanda: Che lei sappia, Anthony sospetta che sia Knott l’autore delle frodi?
Risposta: Anthony mi ha detto: «In tutta la mia vita non ho mai utilizzato carte di credito e adesso mi trovo addebitate somme per trenta o quarantamila sterline. L’unico che può aver fatto questo è Tom». Queste parole mi furono dette prima di partire insieme a Montecarlo.
Forse volete sapere qualcosa di più circa questo episodio?
Domanda: Certamente. Prego. Ha sete? Vuole un po’ d’acqua?
Risposta: No grazie. Ne ho ancora un po’ nel bicchiere…e allora Anthony mi comunicò che le carte di credito erano state utilizzate fraudolentemente da Thomas Knott e io gli dissi che doveva subito denunciare ogni cosa. Egli mi rispose che non c’era alcun problema perché si fidava di Knott e questi aveva promesso che avrebbe restituito il denaro. Gli dissi che non poteva fidarsi del Knott perché non aveva un solo centesimo in tasca. Ma Anthony si mostrò risoluto e sicuro che vi sarebbe stata la restituzione delle somme. Dissi testualmente: «Ma come puoi essere così ingenuo?». Devo poi segnalarvi che questa era la seconda volta che Knott truffava Tony.
Domanda: Conosce in quale modo Thomas riusciva ad ottenere numeri e informazioni che gli permettevano di eseguire la truffa?
Risposta: Per le volte che ho qui rassegnato posso dire che era facile per il Knott fare quello che faceva visto che vivevano insieme nello stesso appartamento.
Domanda: E sulla base delle sue conoscenze questo era diventato un problema per Dale?
Risposta: Beh… divenne anche un problema di Dale quando egli entrò in contatto con il problema. Infatti ci fu un momento in cui Knott avrebbe dovuto pagare l’importo del biglietto aereo dall’Australia a Miami e da Miami ad Ibiza. Tony ricevette ad Ibiza una chiamata del figlio che gli diceva di essere bloccato all’aeroporto in Australia perché non risultava l’emissione del biglietto. Mi informai e compresi che i biglietti non erano stati emessi perché le carte di credito, sulle quali gli importi dovevano essere addebitati, erano state bloccate.
Domanda: Si trattava delle carte di credito di Anthony o di Dale?
Risposta: No. Non certo Dale. Non penso che Dale potesse possedere una carta di credito. Si trattava delle carte di credito di Anthony.
Dicevo che mi accorsi che l’unico modo per permettere a Dale di partire dall’Australia era quello di fare i biglietti io stesso ed inviarli con un corriere della Federal Express. Per far questo ci volevano due giorni, ossia il tempo materiale che dagli USA i biglietti potessero arrivare in Australia. A quel punto dissi a Tony che non vi era alcun problema e che Dale avrebbe potuto direttamente andare ad Ibiza e poi venire qui a Miami invece di venire direttamente a Miami.
Domanda: Ma perché Dale avrebbe dovuto venire a Miami?
Risposta: Perché Dale stava lavorando nella pubblicità o in cose similari anche se i suoi affari non andavano poi a gonfie vele. Così Anthony gli chiese – e chiese a me cosa ne pensassi – di utilizzare il suo lavoro nell’albergo ed io convenni che il suo lavoro potesse risultare utile per molte delle necessità dell’albergo.
Domanda: Dove avrebbe dovuto soggiornare dopo il suo arrivo Dale?
Risposta: Non comprendo…
Domanda: Chiediamo dove Dale doveva stare dopo il suo arrivo a Miami?
Risposta: No… doveva rimanere a Miami per un paio di giorni e poi tornare ad Ibiza.
Domanda: Dove doveva stare?
Risposta: Con il signor Knott.
Domanda: Anche se si sapeva che lui era il truffatore?
Risposta: Non lo si sapeva in quel preciso istante.
Domanda: A quel tempo non si sapeva? Ne è sicuro? Quando si seppe che era lui?
Risposta: Non ricordo… forse a metà del mese di gennaio…
Domanda: Senta… mi consenta di andare direttamente al centro delle cose… Knott non aveva un soldo? È vero o no? Ma se non aveva un soldo come mai viveva a Williams Island?
Risposta: Perché è questa la sua abilità, altrimenti non farebbe il genere di cose che fa?
Domanda: Quale genere di cose fa?
Risposta: Le stesse cose che usava fare qualche tempo fa. Abbiamo poi scoperto che Knott era stato detenuto per tre anni in Germania proprio per il reato di truffa.
Domanda: Le chiedo: perché non ci dice tutto quello che sa di Thomas Knott? Ha già detto che è stato in prigione. Cos’altro sa?
Risposta: Sì. Posso procedere in ordine cronologico. Come ho già detto, ho conosciuto Knott perché abitava un piano sotto di me, nello stesso immobile. Era una persona affabile, gentile e con lui passammo alcuni mesi senza problemi. Non sapevo neppure che avesse problemi di denaro. Un giorno, quando già avevo conosciuto Tony, quest’ultimo mi disse che Thomas era stato in carcere in Germania. Ma Tony ci disse che si era trattato di un errore giudiziario ma da quel momento il suo rapporto con noi mutò, come se avesse cambiato d’un tratto il suo stile di vita…
Domanda: Viveva con qualcuno? Era sposato?
Risposta: Sì. Aveva ottenuto la cittadinanza americana sposando una donna di Miami il cui nome è Shavey e che lavora proprio a Williams Island.
Domanda: Okey… cos’altro?
Risposta: Sapete, dalle mie parti si dice che “le bugie hanno le gambe corte”. All’inizio Knott mi chiese del denaro dicendomi che aspettava dei pagamenti dalla Germania che non arrivavano. Mi fece vedere delle carte e io gli credetti. Pensai, mio Dio, questo vive a Williams Island. Solo per stare qui, ogni mese, ci vogliono almeno cinquemila dollari… non potevo non credergli. Gli diedi il denaro. Ma dopo averlo ricevuto mi ripeteva la stessa storia. Che era pronto a restituirmelo, che già i suoi soldi erano arrivati, che era solo una questione di poco tempo… Così gli dissi di smetterla con le menzogne gli dissi proprio così: «Perché mi menti? Perché lo fai?». Lui mi rispose che veramente era vergognato ma che non dovevo pensare di lui in quel modo. Ma mia moglie che, come tutte le donne ha una speciale percezione delle cose…
Domanda: la chiami pure istinto…
Risposta: Bene… istinto lei mi disse: «Chico, stai lontano da quella persona, non vedrai mai più il tuo denaro… stagli lontano. Ho presentimenti brutti». Quello fu il momento in cui cominciai a vedere le cose con un diverso aspetto. Fu quello il momento in cui cominciai a prendere distanze. Però è difficile prendere distanze da qualcuno che vive sotto casa tua e che vedi ogni giorno. Così mantenni le relazioni…
Domanda: Restituì mai il denaro?
Risposta: Parzialmente. Venne da me e mi disse che aveva un orologio d’oro. Gli dissi che non lo volevo. Mi restituì successivamente solo una parte minima del prestito. Vorrei, solo per descrivervi la personalità del Knott, segnalarvi che la sua casa era sempre frequentata da gente un po’ strana. So che le persone non possono essere giudicate dal loro aspetto esteriore, però posso dirvi che uno tra questi era particolarmente sospetto. Era un uomo d’affari italiano che suppongo si chiamasse Mauro Lazzini e non era il solo. Tutta questa gente viveva a Williams Island senza avere un soldo… è questa era in sé già una grande stranezza…
Domanda: Mi lasci comprendere, signor Forti, insomma questa Williams Island deve essere veramente esclusiva più di ogni altra… si guidano auto molto costose, le case rifinitissime… Che auto guidava Thomas Knott?
Risposta: Guidava la mia auto.
Domanda: Scusi, non comprendo… come mai Knott guidava la sua auto?
Risposta: Non aveva un’auto sua e per questo guidava la mia. Ricorderà che in precedenza ero stato io a dire a Tony che il Knott non possedeva il becco di un quattrino. Verificai questa circostanza personalmente nella banca dove Knott aveva i suoi conti.
Domanda: Come faceva lei a conoscere dove Knott aveva i suoi conti correnti?
Risposta: Perché sono così stupido da averlo presentato alla mia banca, la City Bank. Mi diceva che aveva tanti soldi, centinaia di migliaia di dollari, ma poi dalla banca mi telefonarono dicendomi che non aveva il becco di un quattrino e che gli chiudevano le linee di credito. Non mi restò che chiedere scusa alla City Bank.
Domanda: È vero che Knott possedeva una barca?
Risposta: Sapevo che era socio di qualcuno che poi lo ha estromesso. Il socio si chiamava Steve Bacardi. La barca era un off-shore di colore rosso.
Domanda: Mi dica: Knott sapeva che Tony stava arrivando dalla Spagna?
Risposta: Sapeva che entrambi stavano arrivando. Sapeva che prima sarebbe arrivato Dale e che successivamente sarebbe arrivato Anthony. Infatti mi chiamò e mi disse: «So che Dale sta arrivando e anche Anthony sta arrivando, così possiamo arrangiare le cose con entrambi». Risposi che sì, le cose erano da arrangiare ma soprattutto che lui doveva restituire il denaro che aveva preso perché io, stavolta, non avrei garantito per lui. Knott mi disse che era sua intenzione rendere tutto il denaro che aveva preso. Queste furono le sue parole.
Domanda: Quanto denaro avrebbe dovuto restituire?
Risposta: Bisogna dire che, nello stesso modo ed in quegli stessi giorni, Knott aveva truffato un altro connazionale tedesco. Si chiamava Hartman. Gli fregò circa centocinquantamila dollari.
Domanda: Le chiedo: pensa che Knott abbia qualche responsabilità nell’omicidio di Dale?
Risposta: Non penso che sia un assassino. Però ho parlato con mia moglie e le ho raccontato gli accadimenti. Lei mi ha detto: «Ascolta, Chico, torna a casa perché non mi sento sicura». Ecco perché, adesso, mi sono deciso a dirvi tutto. Voglio proprio andare nei dettagli, perché io vivo qui: perché sono colui che abita sopra di lui e adesso comincio a vedere le cose sotto una luce diversa. Knott è stato in prigione e adesso ha un passaporto falso in suo possesso.
Domanda: Ha un passaporto falso?
Risposta: Non un passaporto falso. Non lo so se è proprio un passaporto falso. So che il suo è scaduto ed ha organizzato qualcosa per potere rimanere negli States.
Domanda: Le chiedo: pensa che Knott sia responsabile della sparizione di Tony Pike?
Risposta: Non lo so. Cosa posso dire se non che egli sapeva che io avevo fatto i biglietti. Egli conosce ogni cosa. Se si eccettuano le altre persone la cui condotta non può essere in discussione come ad esempio mia moglie, il personale nell’albergo Pikes di Ibiza, i miei avvocati, non resta che Knott. Questa è l’unica riflessione che posso fare…
Domanda: Quando Knott apprese della imminente visita di Dale e Tony?
Risposta: Prima che Dale arrivasse, quella stessa mattina, Knott mi chiamò.
Domanda: La mattina?
Risposta: No. Non quella mattina…
Domanda: Sabato?
Risposta: Sabato… sabato.
Domanda: Venerdì?
Risposta: L’arrivo di Dale era stato confermato almeno due o tre settimane. Si trattava di un biglietto che era stato fatto allorché avevo lasciato Ibiza e vi era fissata una data. Dale doveva stare qui a Miami per una settimana, celebrare il compleanno di Anthony, celebrare il mio compleanno, fare un po’ di cose in grande e, quindi, cominciare a lavorare sui nostri progetti.
Domanda: Le risulta che Tony sia malato?
Risposta: Sì lo è stato e stava quasi morendo.
Domanda: Che tipo di malattia aveva?
Risposta: Una malattia che distruggeva l’apparato immunitario. Si salvò in tempo perché un medico spagnolo riuscì a diagnosticare la vera malattia. Però adesso deve sottoporsi a cure costanti.
Domanda: Conosce il motivo delle contrapposizioni tra Dale e suo padre Tony?
Risposta: Penso che tutto nascesse a causa del lavoro. Per questo motivo desidero essergli socio in affari. Perché Tony è una persona assai precisa, è attento, non sciupa il denaro ed è un lavoratore instancabile. Qualunque cosa egli faccia la fa bene. Probabilmente tutto il contrario di Dale che in albergo era più interessato alle donne che ad altro. Ho letto sui giornali che qualcuno ha parlato di Dale come di un omosessuale. Non penso fosse omosessuale…
Domanda: Era omosessuale?
Risposta: Non era omosessuale.
Domanda: Lei ha mai visto Dale? Lo ha mai incontrato?
Risposta: No. Mai.
Domanda: Non può dirci le sue sembianze fisiche?
Risposta: No. Non ho nessuna idea. Posso dirvi la descrizione che mi diede Anthony. «È proprio come me, soltanto più giovane».
Domanda: Mi lasci capire. Tony non le ha fatto vedere una sua fotografia?
Risposta: No. Sono io che l’ho vista in albergo. Ma era una fotografia di quando era giovane.
Domanda: Ci spieghi. Quale erano i progetti di Dale una volta arrivato a Miami?
Risposta: Dale aveva in progetto di arrivare, rilassarsi, stare uno o due giorni fino all’arrivo di suo padre. Dovevano venire insieme, Anthony e Dale, però dovettero separarsi per ragioni connesse alla prenotazione dei biglietti. Le cose andarono così.
Domanda: Con quale aerolinea Dale raggiunse Miami?
Risposta: Volò con Iberia. Sicuramente sulla tratta Madrid/Miami.
Domanda: A che ora l’aereo doveva arrivare?
Risposta: Non ricordo, ma l’aereo portò quaranta minuti o mezz’ora di ritardo.
Domanda: Si ricorda in quale giorno Dale doveva arrivare?
Risposta: Domenica.
Domanda: Ricorda la data?
Risposta: Non ricordo la data. Suppongo lo stesso giorno visto che io avrei dovuto prelevarlo all’aeroporto, portarlo a casa e correre indietro a Fort Lauderdale per prelevare mio suocero e i miei due figli. Come vede avevo la casa piena.
Domanda: Domenica, 15 febbraio le suona corretto?
Risposta: febbraio, 15… Sì, mi suona corretto.
Domanda: Da dove proveniva suo suocero?
Risposta: Scusi?
Domanda: Da dove proveniva suo suocero?
Risposta: Mio suocero, da New York con Sun Jet Air, dal La Guardia.
Domanda: Andò lei a prelevare Dale in aeroporto?
Risposta: Mio suocero?
Domanda: No. Dale…
Risposta: Dale… Sono andato all’aeroporto. Ho atteso, ho atteso almeno due ore. Mi sembrò dapprima facile. Poiché non conoscevo Dale, avevo pensato che se fossi andato proprio nell’area vicina al banco delle informazioni turistiche avrei potuto scrivere un cartello con il suo nome e in questo modo mi sarebbe stato facile riconoscerlo. «Se tu guardi i suoi occhi vedrai i miei». Dale mi aveva detto che bastava che immaginassi suo padre più giovane per riconoscerlo. Così guardavo tutti quanti negli occhi. Suo padre mi aveva detto che indossava una giacca di pelle e che era la sua esatta copia. «Vedrai, Dale è preciso a me».
Domanda: Che colore della giacca di pelle?
Risposta: Non posso ricordare esattamente. Guardai ogni persona.
Domanda: Cos’altro avrebbe dovuto indossare secondo la descrizione?
Risposta: Non so proprio. Mi si disse solo una giacca di pelle. Arrivai un po’ tardi. Il volo arrivò tardi e così rimasi a lungo vicino ad una giovane signora tedesca, vicino al banco delle informazioni turistiche. Chiesi proprio a quella signora: «Ha visto uscire qualcuno?» mi rispose che non sapeva perché il volo era arrivato circa quindici minuti prima e che ci voleva anche un’ora, un’ora e mezza per sbrigare le pratiche di frontiera. Ricordo che rimasi fino all’ultimo pensando che si trovasse all’interno dell’area doganale.
Domanda: Sta parlando di quella che viene chiamata “zona di sicurezza”?
Risposta: Sì… nella zona di sicurezza perché credevo che uscendo potesse vedermi subito, cosa questa che sarebbe stata la migliore. Così mi chiedevano: «Con quale compagnia è il suo volo?» ed io rispondevo che stavo solo aspettando un amico (…) Così facendo e stando da solo nell’area di attesa cominciai a chiamare Dale al pager (sistema di ricerca persone a voce ndr). Le prime volte che effettuai il pager mi fu risposto che era troppo presto e che dentro l’area di controllo doganale l’annuncio vocale di ricerca non era avvertito dai passeggeri. Chiesi di effettuare ancora una volta l’annuncio indicando il luogo in cui mi trovavo ad attendere. Chiamavo, chiamavo e chiamavo ancora. Alla fine mi dissero che forse lo avevano localizzato e che stava percorrendo la direzione dell’uscita. Così mi diressi verso l’uscita e mi diressi nella direzione opposta a quella dalla quale provenivano i passeggeri per guardarli tutti mentre venivano verso di me. Chiedevo, chiedevo, chiedevo ma nessuno mi rispondeva. A quel punto utilizzai il telefono del pager anche fuori dall’area interna dell’aeroporto. Mi si rispose che dovevo rientrare nell’area interna del gate perché solo in questo modo aveva un senso la chiamata vocale che richiedevo. Nel frattempo il mio ritardo si accumulava e mia moglie mi chiamò sul telefonino dicendomi che era veramente risentita. Mi disse che era assurdo quello che facevo pur sapendo che suo padre veniva una volta l’anno per stare con noi e che io non vi arrivavo puntuale per prendere Dale. Le dissi di non preoccuparsi che sarei arrivato all’appuntamento. Così decisi di chiamare l’Hotel Pikes ad Ibiza ma mi rispose una segreteria telefonica alla quale lasciai questo tipo di messaggio: «Ascoltate, potete farmi un piacere. Se dovesse contattare qualcuno di voi, ditegli di chiamarmi sul mio portatile o a casa ed io sarò pronto a venirlo a prendere perché io non posso aspettarlo oltre. Devo andare a prendere mio suocero e i suoi figli». Così andai via e ritelefonai a mia moglie dicendole di stare tranquilla perché ero sulla via per Fort Lauderdale e che se Dale avesse telefonato avrebbe dovuto dirgli di prendere un taxi e giungere a casa. Mia moglie mi disse che non vi era alcun problema. Così andai a Fort Lauderdale a prendere mio suocero. Tornammo. Nessuna novità. Cercai di chiamare nuovamente l’Hotel Pikes ad Ibiza ma nessuno rispose. Era sempre in funzione la segreteria. Si fece molto tardi e così attesi la mattina successiva per telefonare. L’indomani, ancora una volta, mi rispose la voce elettronica della segreteria. A quel punto presi mio suocero ed i bambini e andammo a comprare piccoli giocattoli presso il negozio “Toys R Us” e finalmente Tony mi chiamò e mi disse: «Hai lasciato un messaggio, mio figlio non è lì?». «No, non è qui, Tony, non ha chiamato». Così mi disse: «Chico, io so che è un irresponsabile ma non lo è fino al punto da non chiamare». Ed io gli risposi: «Ma sei proprio sicuro che fosse su quel volo? Era proprio sul volo da Madrid?». Mi rispose: «Non posso essere sicuro ma mi ha chiamato circa quindici minuti prima dell’imbarco e a soli pochi minuti dalla partenza… di questo sono sicuro». Dissi: «Chiama Iberia, purtroppo non danno informazioni di quel tipo a chiunque. Chiama e tienimi informato. Verifica se per caso è arrivato in modo diverso. A mio avviso dovresti fare una denuncia alla Polizia o all’Interpol per capire esattamente cosa sia accaduto». Gli dissi proprio così perché Tony mi aveva detto che Dale non aveva un solo centesimo in tasca. Forse aveva dieci dollari. Dale era senza un soldo. Così gli replicai che non era un problema questo perché con me Dale non aveva certo bisogno di soldi. Continuai a telefonare il giorno successivo sempre senza successo e fino a quando Tony mi disse: «Ho una paura terribile che qualcosa possa essere accaduta». Lo esortai a quel punto a venire a Miami e feci i biglietti per lui…
Domanda: Tutto quello che lei ci ha detto oggi è la verità?
Risposta: Sì. Ogni cosa da me detta è la verità.