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Ambiente:
MEDUSE: Come difendersi dalle temibili
gelatine multicolore
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Aver paura è una
caratteristica ineliminabile della condizione umana: questo
"sentimento" in dosi ragionevoli si rivela funzionale
all'autodifesa, ma diventa paralizzante quando invade
eccessivamente i nostri processi mentali inserendosi tra il
soggetto e la sua esistenza schermando la possibilità di fare
esperienza e bloccando ogni istinto e desiderio.
di: Mariella
Falzone |
Medusa in greco antico significa
“comando, domino, dispongo di talento, fascino, e al tempo stesso
seduzione e mostruosita' della bellezza”, la capacita' che l’arte ha di
fissare la vita in un attimo, l’amore e la morte.
Medusa, figlia di Forco e di Ceto,
l'unica mortale delle Gorgoni della mitologia greca, era dotata di
grande bellezza e di lei s'invaghì il dio del mare Poseidon che la
possedette in un tempio dedicato ad Athena, profanandone la sacralità.
Athena volle vendicarsi dell'affronto subito, trasformandola in un
mostro orrendo, con un viluppo di serpenti al posto dei capelli e
"donandole", in più, il potere tragico di pietrificare chiunque l'avesse
guardata dritta negli occhi.
Il giovane ed ambizioso Perseo, assetato di mitiche gesta, andò alla
ricerca di Medusa per penetrare alla fine della sua ricerca nella
tenebrosa caverna dove ella trascorreva il suo tempo.
Minerva, sua alleata, gli aveva fornito uno scudo lucidato a specchio,
raccomandando a Perseo di guardare solo l'immagine riflessa su di esso:
soltanto così avrebbe potuto ucciderla senza subire la sorte di essere
tramutato in statua. Perseo senza cedere alla tentazione di guardarla in
viso, con un solo colpo di spada le mozzò la testa.
Gli occhi della Medusa, rimasero spalancati nella fissità della morte,
conservando intatto il potere di pietrificare chiunque vi avesse
appuntato il suo sguardo: per questo motivo, Perseo dovette
trasportare il suo trofeo ben chiuso all'interno di un sacco e,
successivamente, lo utilizzò per pietrificare Atlante.
E' probabile che - proprio a partire da questa radice mitologica - si
siano stratificati attorno alla parola medusa innumerevoli aspetti
perturbanti: molti ricorderanno un film di argomento parapsicologico
(con Richard Burton nei panni del protagonista), il cui titolo era
appunto "Il tocco della medusa".
Quest'aura di temibilità "culturale" investe anche le piccole meduse
marine che di stagione in stagione, sempre di più infestano i nostri
mari.
Le meduse sono meravigliosi esseri fatti per il 98% di acqua, tanto che
se lasciate al sole si tramutano in gelatine che rapidamente si
essiccano: sono animali plactonici, che assieme agli Ctenofori, formano
il raggruppamento dei Celenterati.
Sono diffuse in tutto in mondo e se ne contano almeno trecento specie.
Una delle meduse più comuni nei nostri mari è la Pelegia noctiluca migra
richiamata dalle alte temperature: l'aumento costante della temperatura
media annuale del nostro mare è uno dei motivi della crescita dei
branchi di queste meduse che in genere sono piccole, diafane ravvivate
da tocchi di colore che vanno dal rosa al violetto, in relazione
all'età. Le Meduse muovendosi in parte per propulsione, in parte
seguendo le correnti, risalgono dalle coste del Nord Africa fino ai
nostri litorali, dove trovano il clima ideale per riprodursi.
I popoli dell'Estremo Oriente le considerano una vera prelibatezza e
dopo averle essiccate, le tagliano in sottili strisce che a volte
vengono marinate nella salsa di soia. Il maggiore problema delle meduse
deriva, nei frequenti incontri tra bagnanti e meduse, dalla dotazione di
particolari cellule che, appena sfiorate estroflettono dei filamenti
urticanti che penetrano immediatamente nella pelle, provocano bruciature
e dolore, legate alla liberazione di istamina.
Poiché questi tentacoli sono lunghi e sottili, la presenza di una
moltitudine di meduse, può dar vita a una fitta rete urticante davvero
temibile. Sebbene il rischio di ustioni sia reale, assistiamo,
di giorno in giorno, al dilagare di situazioni regressive che, simili
alle paure infantili, vanno: dal radicale rifiuto ad immergersi in mare,
alla sistematica rinuncia ad una piacevole nuotata, sino a
forme estreme di "condizionamento" collettivo che conducono ad evitare
spiagge e scogliere, anche a costo di mettere da parte l'enorme
potenziale di energia e benessere che il contatto
con il mondo marino potrebbe trasmetterci.
Aver paura è una caratteristica ineliminabile della condizione umana:
questo "sentimento" in dosi ragionevoli si rivela funzionale
all'autodifesa, ma diventa paralizzante quando invade eccessivamente i
nostri processi mentali inserendosi tra il soggetto e la sua esistenza
schermando la possibilità di fare esperienza e bloccando ogni istinto e
desiderio; I bambini se non condizionati dagli adulti, sono capaci di
tramutare questa paura in gioco: è frequente osservare gruppi di bambini
armati di retino da pesca fare a gara tra loro per eliminare le meduse
dall'acqua rendendo possibile agli altri -compresi gli adulti- un bagno
senza conseguenze "urticanti". Sta di fatto che, in ogni caso, a
prescindere dal fenomeno del "condizionamento" psichico che rende
sgradevole il tocco della medusa, la maggior parte di esse, in misura
diversa hanno un grosso potere urticante: è questa la "dolorosa" realtà
che sostanzia timori, ansie e fobie.
Alcuni ricercatori stanno cercando di capire come proteggere la pelle
dal contatto con i filamenti urticanti: per esempio, da un'industria
israeliana e stato messo a punto un gel che successivamente negli Stati
Uniti, ha dato buoni risultati, mostrando di prevenire la comparsa
delle ustioni nell'85% dei casi.
Il gel in questione è stato ricavato da una sostanza che il pesce
"pagliaccio" secerne da apposite ghiandole cutanee e usa -come un vero e
proprio repellente -per proteggersi da altri animali marini urticanti.
Nell'attesa che questi risultati siano confermati (ed il gel sia
reperibile), in caso di ustioni da meduse non particolarmente estese,
basta applicare acqua calda (sulla base del principio che la tossina è
termolabile) oppure acqua e bicarbonato.
Inoltre, chi ama nuotare indisturbato, specie nelle stagioni intermedie,
potrebbe dotarsi, d'una muta leggera: come quella usata dai nuotatori in
piscina, per limitare il rischio: ciò consentirebbe di mantenere vivo il
contatto con quello straordinario ed insostituibile elemento primigenio
che è l'acqua di mare.
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