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alcuni avvenimenti che corredati da immagini fotografiche potranno
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un servizio di Albaria per evidenziare
alcuni avvenimenti che corredati da immagini fotografiche potranno
essere in seguito pubblicati anche sulla rivista Albaria
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Albaria
Magazine
Pubblicazione iscritta il 26/03/1983 al n.10 del Registro della Stampa
presso il Tribunale di Palermo
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Classi Olimpiche: Laser
A
DUE ANNI DA PECHINO 2008
LA PREOCCUPAZIONE DI MACRINO
Segretario nazionale di due delle
undici classi olimpiche, da oltre venticinque anni al servizio dello
sport manifesta stupore per l'attività velica nazionale condotta dalla
Federvela. Stanno cominciando le Olimpiadi invernali a Torino e non si
conoscono i criteri di selezione dei ragazzi della vela quando mancano
meno di due anni a quelle del 2008. Carente l'attività velica agonistica
in Italia in proporzione ai km di costa ed al numero dei club affiliati.
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Imbarcazione Laser in azione a Miami
durante la Rolex Cup Preolimpica 2005. |
di Dina Lauricella
A due giorni dalla preolimpica di Miami, a
due anni dalle Olimpiadi di Pechino, Macrino Macri’ – segretario
nazionale della classe Laser dal 1979,
– disegna un quadro a dir poco sconfortante su federazione, dirigenti e
progetti.
Quanti associati conta la classe Laser in Italia?
In complesso sono 850. Il grosso risultato sta nella partecipazione
juniores. Solo dieci anni fa i giovani rappresentavano il 12% degli
iscritti, oggi addirittura il 52%.
E’ una grossa soddisfazione, frutto di un impegno personale, non certo
di una politica federale. Ci siamo inventati un nuovo attrezzo, il 4.7,
che rappresenta il settore di sviluppo e nel 2000 siamo partiti con le
prime regate giovanili.
L’idea e’ nata dalla semplice osservazione dei dati. C’era una fascia di
mercato morto, quella che comprendeva i ragazzini fra i 12 e i 16 anni.
Piccoli atleti cresciuti con gli optimist e che, dentro quei gusci di
noce, erano costretti a rimanere anche quando fisicamente cominciavano a
sovrastare la barca. Al sedicesimo anno di eta’ c’era una caduta di
iscritti pari al 94%.
Per far avvicinare la gente al mondo della vela bisogna smetterla di
parlare di barche - che sono solo uno strumento - e bisogna cominciare a
parlare di atleti. Il fine ultimo e’ il timoniere, sviluppando le
capacita’ individuali la barca diventa ininfluente. E’ per questo motivo
che non ci piace parlare di yachting ma di “sport della vela”: uomini,
non barche.
Dopodomani a Miami comincia la preolimpica, chi vestira’ la maglia
azzurra?
Non ne ho idea. E’ tutto lasciato al caso, immagino che la federazione
alla fine scegliera’ qualcuno in base alla ranking list che abbiamo
fatto noi. Consideri che ad oggi ci sono classi veliche che non
prevedono un accumulo di punti, delle classifiche generali. Ogni regata
fa storia a sé. Gli atleti, seppur bravi, si presentano alle regate
senza storia né carriera. Quando abbiamo sottoposto alla federazione il
nostro “sistema di accumulo punti”, ovvero la ranking list, sono apparsi
tutti piacevolmente stupiti e interessati eppure non esistono ancora
delle normative approvate dalla Fiv. Si va avanti per spirito
d’iniziativa.
Per la federazione e per il Coni la preolimpica e’ solo una occasione
per rappresentare il Paese all’estero, per quel che riguarda gli atleti
interessa una persona ogni quattro anni, un eletto. E’ per questo che la
considero un appuntamento inutile, che non vale niente.
La Fiv sta deludendo moltissimo. Non e’ mai stata in grado di costruire
nulla in modo programmatico, inventa tutto al momento e trascura
l’informazione anche dei Consiglieri.
Fra due anni ci sono le Olimpiadi e ancora non abbiamo idea di come
dovremo selezionare i ragazzi. Non ci dormo la notte!
E i tecnici, gli allenatori azzurri?
Sono privi di un mandato professionale solido, hanno contratti
saltuari, vengono spesso mortificati nel loro ruolo. Non e’ un caso che
nella maggior parte dei casi i ragazzi preferiscono allenarsi da soli.
Parta dal presupposto che su circa 500 societa’, in Italia esistono
appena 40 allenatori di circolo. Casi sporadici che puntano soprattutto
sui giovanissimi dove la figura del manager e’ ricoperta dal genitore.
Nel momento in cui si diventa competitivi, per ragioni soprattutto
economiche, i ragazzi sono costretti a mollare a meno che non abbiano la
fortuna di essere scelti dalle forze dell’ordine: Aviazione, Marina,
Guardia di Finanza. Considero una manna dal cielo il rapporto tra lo
sport e le Forze Armate, la Federazione non e’ in grado di fornire un
processo formativo, non esiste un progetto, lo chiediamo da anni.
Allora qual e’ il ruolo dei circoli?
Servono solo a dare voti e a rinforzare i consensi. C’e’ un rapporto di servilismo arcaico con i vertici della federazione.
La vela vive di appassionati, giudici, club e giovani ma la Federazione
sembra andare in tutt’altra direzione. I quadri dirigenti, a tutti i
livelli, regionale e nazionale, spendono il 70% del loro tempo a
studiare un modo per “proteggersi la coda”: chiedere consensi per non
avere nemici. Nessuno e’ ostile alla federazione ma di fronte a certi
fatti cadono davvero le braccia. Cio’ che avviene nella politica e
nell’impresa purtroppo avviene anche nel mondo dello sport.
Sta descrivendo un quadro di totale anarchia.
Non e’ anarchia, parlerei piuttosto di mortificazione dell’atleta. Manca
attenzione al progetto e una comunicazione attiva. Basta andare sul sito
della Fiv per capire quanto siano antichi sia sotto il profilo tecnico
che su quello dei contenuti. Non parlano mai degli atleti, dei loro
sforzi, sogni e sacrifici. Bisognerebbe mettere in primo piano la goccia
di sudore, far diventare i nostri atleti dei beniamini per i piu’
giovani. Se non sai creare sogni non vai da nessuna parte.
Purtroppo anche quello della comunicazione e’ un problema che riguarda
tutto il mondo della vela. Spesso quando si prende in mano un giornale
di settore si avverte l’odore della muffa, di qualcosa di vecchio.
Semplici cataloghi di oggetti, foto di barche sfarzose o
ipertecnologiche pochi volti di atleti. Ma scusate, alla gente piace
Valentino o la Yamaha? Il successo sta nella passione, nel sogno di
potersi immedesimare con i campioni. I nostri giornalisti invece, con
qualche addetto stampa in testa, le emozioni le spengono,
si guardano bene dal parlare degli esseri umani e delle loro storie.
Eppure alcuni di loro, insieme a me, un tempo ci credevano!
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