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Pubblicazione iscritta il 26/03/1983 al n.10 del Registro della Stampa
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L'ULTIMO SALUTO
AD ENZO RANDISI
Il musicista che ha
ostinatamente e volutamente scelto di vivere in una città
difficile come Palermo suonando jazz ed esportando in tutta
Europa il nome della Sicilia
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di Alessandro Costanzo
Palermo 1 marzo - Oggi si sono ritrovati in tanti nella chiesa
di Santo Spirito per dare l’estremo saluto, sulle emozionanti note di “The shadow of your smile”
di Johnny Mandel, ad Enzo Randisi, per molti il
primo vero jazzista palermitano. Niente castelli di sabbia per lui,
raffinato virtuoso del vibrafono, ma una vita inossidabile, costruita a
suon di musica martellando note vellutate, che indimenticabili emozioni
hanno regalato a Palermo e al mondo della musica internazionale, con una
carriera lunga oltre 50 anni nel mondo del grande jazz.
Vibrafonista, pianista e arrangiatore il vulcanico Enzo Randisi,
palermitano “doc” classe 1935, già nel 1963 venne presentato come stella
di notorietà mondiale al Jazz Festival di Comblain La Tour in Belgio.
Interprete di innumerevoli concerti, dagli Stati Uniti alla Turchia,
dalla Spagna all’ex Unione Sovietica, fu definito dal critico e
programmatore RAI Adriano Mazzoletti a “Radio 1 Jazz” come “uno dei più
importanti vibrafonisti del mondo”. Tra i fondatori dello storico “The Brass Group”
di Palermo, Randisi ha fatto in tempo a gustarsi lo
splendido traguardo del riconoscimento dell’importante polo musicale
siciliano come Fondazione, raggiunto alla fine di due travagliatissimi
anni. Durante la sua carriera artistica ha condiviso la passione per la
musica di calibro internazionale fra cui Gianni Basso, Chet Baker, Salvatore
Bonafede, Gil Cuppini, Franco D'Anrea, Stefano D'Anna, Bobby Durham,
Massimo Faraò, Pierre Favret, Sergio Fanni, Frank Foster, Stan Gets,
Dusko Goykovich, Stephane Grappelli, Al Grey, Joe Heider, Enrico Intra,
John Lewis, Claudio Lo Cascio, Giovanni Mazzarino, Dado Moroni, Romano
Mussolini, Sal Nistico, Enrico Pieranunzi, Bill Russo, Diane Shuur, Bob
Wilbur e Mimmo Cafiero. Quest'ultimo lo ha ricordato a ragion veduta come
“il musicista che
ha ostinatamente e volutamente scelto di vivere a Palermo suonando jazz
ed esportando in tutta Europa il nome della Sicilia”, trasmettendo con
carisma innato, stile inconfondibile ed energia contagiosa la forza di
credere nel jazz come autentica professione, affrancandolo da quella
collocazione angusta di musica hobbistica in cui troppo spesso è stato
relegato.
“Quando te ne sarai andato l’ombra del tuo sorriso colorerà tutti i miei
sogni e illuminerà l’alba” intonano le voci a cappella di un gruppo di
amici, fuse come fossero un unico strumento, mentre negli occhi di tutti
ci sono ancora i bagliori della sua indimenticabile performance di
primavera al New Jazz Festival di Mondello al pianoforte con i
Duke Ellington Singers e nel singolare Vibe Contest
con la icona del jazz americano Emil Richards accompagnati dalla
Montecarlo Night Orchestra e quelli del suo
ultimo concerto tenutosi per l’Epifania al Teatro Politeama insieme ai
più famosi jazzisti di Palermo. Città a cui Randisi ha trasmesso
attraverso il jazz un impulso di forte crescita in tutti i sensi. La sua
viscerale passione per la musica lo ha portato a rischiare in prima
persona, lasciando il cosiddetto posto fisso, mito di parecchia gente,
per diventare anche un finissimo talent
scout e soprattutto suonare il suo jazz, con uno swing inconfondibile.
Nella convinzione che la vita non è fatta per durare, ma per essere
vissuta ogni giorno pienamente, Enzo Randisi vi ha messo dentro
una carica espressiva così intensa da annullare perfino la vacuità della
morte. Tanto che dalla voce rotta dall'emozione del trombettista
palermitano Vito Giordano nel ricordare l'amico scomparso è
apparso chiaro che dall’unico volume dell’intera umanità non un capitolo
è stato strappato, ma tradotto in una lingua migliore, consacrando
Enzo Randisi alla memoria di un passato irripetibile destinato a vivere
per sempre.
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