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un servizio di Albaria per evidenziare
alcuni avvenimenti che corredati da immagini fotografiche potranno
essere in seguito pubblicati anche sulla rivista Albaria
Magazine
Albaria
Magazine
Pubblicazione iscritta il 26/03/1983 al n.10 del Registro della Stampa
presso il Tribunale di Palermo
Tutti i
diritti sono riservati
E-mail: albaria@tin.it
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Kristian Guttadauro
DA SHARM EL SHEIKH
Lavorando a Sharm el Sheikh per il potale www.goredsea.com in queste
ultime settimane mi sono in qualche modo inserito nella realtà egiziana oggi duramente
provata dagli ultimi attentati. è
lecito avere paura, ma è anche vero che questa paura
e gli intenti criminali di chi ha provocato tanta morte e distruzione si
possono vincere non battendo in ritirata, ma andando avanti perché
noi, l'Egitto e gli egiziani non meritiamo tutto questo.
di
Kristian Guttadauro
è
stato quasi come entrare nella tua stanza da letto e trovarla profanata
da mani estranee che in tua assenza hanno rovistato alla ricerca di non
so che cosa, danneggiando, distruggendo quanto di più caro sia
possibile tenere con sé in un luogo che sembra appartenere solo a
te. è
stato questo o molto simile ciò che ho provato quando ho sentito le
esplosioni che per alcuni secondi hanno sconquassato il clima allegro
della cittadina turistica di Naama Bay. Era quasi difficile crederci,
sembrava tutto troppo assurdo: tre bombe erano esplose proprio a Sharm,
la città della pace, un luogo che mi ha ospitato per ben quattro volte
nel corso di quest’ultimo anno, sia per vacanza, sia – come in
quest’ultimo mese - per
lavoro, e che ormai sentivo appartenermi, così come è stato ed è per
migliaia di persone che vanno lì per la prima volta e si innamorano
delle meraviglie del deserto, della barriera corallina, della gentilezza
degli egiziani, tornando poi in ogni stagione.
L’eco degli attentati di Londra, di Kusadasi in Turchia, della
quotidiana tragedia irakena sembrava lontano da quest’isola di pace
dove turisti delle più svariate nazionalità si incontrano tra i resort,
tra i bar, tra i suk di Naama Bay e della vecchia Sharm, l’altra sera
tragicamente colpita al cuore, in un gesto folle che ha investito non
solo i cosiddetti – spesso impropriamente -
turisti “occidentali”, ma anche tanti, tantissimi egiziani,
musulmani credenti in un dio, Allah, misericordioso e tollerante, e non
nella pseudodivinità nel cui nome gente che ha subito uno scriteriato
lavaggio del cervello si fa saltare in aria nella speranza di
raggiungere un paradiso lontano, disdegnando quello reale che Sharm el
Sheikh ha sempre rappresentato e mi auguro continuerà a rappresentare.
Quante volte nelle ultime settimana abbiamo atteso il nostro taxi
davanti al Movenpick o al Ghazala Hotel, ridotto oggi ad un cumulo di
macerie. Da sempre ritengo di essere un fatalista. Oggi ci credo ancora
di più, però in qualche modo sapere che una bomba ha seminato la morte
ed il terrore in un luogo che fino a qualche giorno prima sentivo
“mio”, beh, certamente ti lascia qualcosa. Ricordo bene quando
alcune settimane fa sostavo proprio di fronte al Ghazala intorno alle
7.30 del mattino, aspettando che mi venissero a prendere per portarmi al
porto dove mi sarei imbarcato insieme ad alcuni subacquei per una gita
al parco marino di Ras Mohamed, ultima gita della sfortunata coppia di
Aci Trezza, provando la straordinaria ebbrezza del “battesimo del
mare”, la prima immersione con bombole in un paradiso sottomarino,
ricchissimo di vita e colori, per raccontarla sulle pagine on line del
portale www.goredsea.com, “vai
nel Mar Rosso”.
Aspettavo pazientemente mentre il sole cominciava a diventare sempre più
forte, mentre un pulmino scaricava molti dipendenti dell’albergo
pronti ad entrare in servizio con le guardie di sicurezza che chiacchieravano
tra loro in attesa che la nuova giornata di lavoro iniziasse. Mi chiedo
oggi chi di queste persone era presente la scorsa notte. Chi non ce l'ha
fatta. Tanti gli amici a Sharm. Sara, Chiara, Arianna, il tassista del
mio resort, Ahmed con la sua Hyundai dorata, o Hassan con il suo pulmino
sgangherato. So quasi per certo che fortunatamente questi italiani non
sono stati coinvolti altrimenti i vari tg avrebbero sbandierato in lungo
ed in largo i loro nomi, ma gli egiziani che ogni sera facevano avanti
ed indietro su Peace Road proprio in quel tratto colpito? Non lo so.
Forse non lo saprò mai. Volti con un nome o senza, ma sicuramente
scolpiti indelebilmente nella mia mente.
Perché una cosa è sicura: tra le decine di morti, la stragrande
maggioranza sono stati egiziani, gente che non vive a Sharm per godersi
la barriera corallina o passeggiare tra i venditori di souvenir, ma che
vive lì perché deve lavorare duramente e mantenere la propria
famiglia, spesso lontana, al Cairo o ad Alessandria. è
forse questo uno degli aspetti più raggelanti della vicenda. Che sia
stata Al Qaeda o un gruppo di opposizione all’attuale governo
egiziano, il risultato ottenuto è stato quello di dare un grosso colpo
alla principale industria del paese, ovvero il turismo, immolando
sull’altare di chissà quale dio non tanti “infedeli”, ma tanta
gente onesta che lavorava per il benessere proprio e del loro paese.
Oggi vivremo sicuramente un momento di impasse. Chi ha prenotato la sua
vacanza in Egitto, ieri non è più partito. Ha avuto paura. è
comprensibile. Tuttavia, anche questa reazione penso sia qualcosa che
con il tempo deve essere superata. Il terrore di questi fanatici
consiste proprio nel minare la sicurezza della gente, infondere
quest’aria di morte anche in luoghi simbolo di vita come New York,
Londra ed oggi anche Sharm el Sheikh. Ma come per la Grande Mela e per
la City la parola d’ordine è “Let’s go on, we are not afraid”,
“Andiamo avanti, non abbiamo paura”, anche questo deve valere per
Sharm el Sheikh. La strategia del terrore ha dimostrato di poter colpire
ovunque. L’Egitto è però un paese che sa di dipendere molto dal
turismo, specialmente quella fetta rappresentata dal Mar Rosso. I
terroristi hanno colpito solo lì dove potevano farlo con il massimo
danno possibile, ovvero con automobili cariche di esplosivo. Dopo gli
attentati di Taba dello scorso anno, non si poteva infatti più entrare
in auto a Naama Bay, per esempio, e così gli unici obiettivi di questi
criminali si sono ridotti a tre luoghi relativamente facili da
raggiungere in auto con tanto esplosivo: il Ghazala ed il parcheggio del
Movenpick, adagiati placidamente lungo la strada principale percorsa da
decine di taxi. Conosco la realtà egiziana, non solo per averla
visitata più volte ma per averne anche studiato le dinamiche,
l’evoluzione. è facile
credere che si assisterà presto ad un radicale giro di vite per rendere
tutta l’area molto più sicura. Forse il turista dovrà sopportare la
noia di alcuni posti di blocco o checkpoint supplementari a quelli che
già esistono, ma è un disagio necessario per permettere a tutti di
continuare a godere di Sharm e vietare l’accesso ad altri criminali.
Ben presto, Sharm potrebbe diventare ancora più sicura della metro di
Londra e la giostra potrà continuare a girare. Tutti lo speriamo anche
perché sarebbe questa una straordinaria vittoria nei confronti di chi
con quei gesti dell’altra notte ha inteso insinuare il dubbio, il
panico, l’angoscia nelle menti e nei cuori di chi viaggia nel Mar
Rosso o lì lavora, egiziani e non. A parte le meraviglie naturali di
questa pezzettino di mondo, ciò che più mi ha sempre colpito è stata
la personalità degli egiziani, la loro voglia di vivere, la loro
simpatia e cordialità. Sì, qualche volta ti scoccia un po’ sentirti
chiamare per strada “Amico, italiano?”, seguito da tutto il
repertorio di rito, ma anche questo fa parte del gioco, del folklore
locale, ed allo stesso tempo ti rendi anche conto, passeggiando tra le
vie di Naama Bay o Old Sharm, che non sono solo moine per trascinarti
nei loro negozietti e venderti cianfrusaglie che metterete da parte una
volta tornati in Italia. C’è molto di più. Tratti, caratteristiche,
che essendo originario della Sicilia, riconosco spesso anche quando sono
a casa, nel calore della gente, nella straordinaria eredità
architettonica, linguistica, culturale che il popolo arabo ha lasciato
anche tra le strade di Palermo e della mia regione. è
gente perbene che non vuole fare del male a nessuno, vuole vivere e
condividere la propria vitalità con il turista. è
gente che nel momento supremo del pericolo, ha lasciato il proprio bazar
e guidati i turisti spaventati verso la spiaggia o altri luoghi ritenuti
sicuri. Non meritano di essere lasciati allo sbaraglio a causa di pochi
fanatici, a loro volta sventurati burattini manovrati da mani che
vogliono solo destabilizzare per oscuri fini politici ed economici e non
per mera follia o una religione che non esiste, termini di cui spesso si
abusa. L’Islam è stata ed è una religione di tolleranza e se di
crimini si è macchiata apparentemente è stato solo perché qualcuno
l’ha malinterpretata, distorcendola così come – la storia ci
insegna – è già avvenuto anche per il cristianesimo e l’ebraismo.
Ripeto, gli anni di islam in Sicilia sono stati tra i più belli nella
storia secolare della mia terra, così come non difficile dimenticare le
storie delle Mille ed una notte che raccontano dei favolosi imperi
islamici che un tempo si estendevano da Baghdad fino all’oceano
atlantico. Chi distorce le religioni, esce automaticamente da quegli
stessi ambiti religiosi, sia se è un musulmano, sia se è un cristiano.
Oggi il Mar Rosso rappresenta la vita, quella forza vitale che è
possibile scorgere indossando maschera e pinne e dando un’occhiata
alla variegata barriera corallina attorno alla quale scorazzano
tranquilli pesci dai colori più disparati. è
la vita del deserto, che malgrado il nome, ospita una ricchezza
straordinaria di specie animali e vegetali
è la vita dei bazar, dei
suk, della gente originaria del posto oppure arrivata dal Cairo o da
Alessandria d’Egitto e che anima costantemente le strade di Naama Bay,
Old Sharm, Dahab.
Il
terrorismo è invece la negazione della vita, è la morte. Non lasciamo
che, vinta una battaglia, peraltro piccolissima considerando la vitalità
espressa da questi luoghi, vinca la guerra. è
possibile
dire no e continuare a vivere a dispetto di chi in qualche luogo remoto
non ha il coraggio di uscire dai propri nascondigli ed esporsi
direttamente per provare - credo
in modo assolutamente inutile – a fermare la vita dirompente tra il
mare ed il deserto.
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