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A MONDELLO LA "CHIAVE" PER CAPIRE IL TUTTO

Di Alessandro Costanzo

All'inizio della II Guerra Mondiale, lo scrittore viterbese Bonaventuta Tecchi, allora sotto le armi, giunse in Sicilia in veste di censore postale, "a malincuore e quasi rabbioso, con parecchi pregiudizi in testa". Ma presto dovette ricredersi. I mesi che trascorse a Palermo furono tra i più belli della sua vita ed "un fervore inesausto di impressioni, un'ebbrezza leggera del sangue, un incanto continuato degli occhi e della mente" s'impadronirono di lui.
In quei giorni, leggendo "Viaggio in Italia" di Goethe, lo colpì particolarmente una frase: "Senza la Sicilia l'Italia non forma un quadro nell'anima; qui soltanto è la chiave per capire il tutto". Palermo lo incantò con la sua vegetazione policroma, con le sue meravigliose costruzioni, espressioni della genialità e del gusto di popoli diversi. La bellezza della nostra città lo sbalordì e lo irretì per sempre. E lui, che fino ad allora, aveva avuto il nord negli occhi e nel cuore, s'innamorò perdutamente del sud. "Bellezza di Palermo, indimenticabile", scrisse ne L'Isola appassionata.
Tuttavia gli sfuggiva ancora il senso della frase di Goethe. Pensare di spiegarla, intendendo che la bellezza dell'Isola facesse da corona alla bellezza dell'Italia, gli sembrò troppo riduttivo. A lungo cercò la risposta nel libro stesso, ma non la trovò. Fino a quando "un giorno, a Valdesi" -scrive Tecchi- "mi parve di avere la rivelazione o piuttosto una delle due rivelazioni che, secondo me, spiegavano la Sicilia chiave per intendere l'Italia".Valdesi è, per chi non lo sapesse, una piccola località sulla via di Mondello, vicinissima anzi a Mondello, che a sua volta è la spiaggia più rinomata di Palermo. Chi non ha visto, specie verso sera, il colore dell'aria a Valdesi, il colore, la vibrazione, la luce dell'aria sulle pendici del Monte Pellegrino, che in quella parte sono tutte rosse, con l'argento degli olivi nella piana sottostante, il grigio perla del mare, il cinereo di Monte Gallo dalla parte opposta, non ha visto io credo, la luce più bella del mondo. Luce nitida, sveglia eppur non crudele come per sua nitidezza è qualche volta in Paesi stranieri; nè, d'altra parte, luce morbida come per velature, sia pure impercettibili, di nebbia, spesso avviene nelle contrade del nord: ma luce calma, ferma, d'una virile umana dolcezza".
Una luce che dà vita al mondo anche fuori di noi, che realizza un equilibrio fra interno ed esterno, che rende pulsanti, tangibili perfino i pensieri. L'oggettivismo mediterraneo che vivifica il soggettivismo nordico. E, in virtù di questa luce, i sentimenti "ideali", contenuti nella gran quantità di lettere, che Tecchi ogni giorno doveva vagliare, risultavano "veri", esistevano veramente.
L'Isola gli si rivelò così come isola della luce e al tempo stesso come "miniera degli affetti umani": famigliari e specie amorosi. Soltanto allora la parola di Goethe gli fu chiara e capì perchè la Sicilia è, realmente, l'unica "chiave" per intendere l'Italia.