Dall'Albaria arriva un invito a cui non si poteva
rifiutare: accompagnare gli atleti in Grecia dalla via più lunga terra e mare.
Il viaggio era cominciato bene, nel senso che, già il primo giorno,
avevo esaurito una buona parte di quelle piccole disavventure che in genere costellano le
vacanze estive. Giunto a Bari in aereo tento di prendere a nolo una vettura per
raggiungere Brindisi dove mi aspettano Vincenzo Baglione e i ragazzi, già arrivati da
Palermo via Napoli con il pulmino e il trailer carico delle tavole a vela di gran parte
degli azzurri. All'agenzia di noleggio mi chiedono la carta Visa: l'ho dimenticata! (anzi
non l'ho mai avuta: quando mi serve uso quella di mia moglie). Dopo uno scambio di
telefonate e fax tra me a Bari, Vincenzo a Brindisi, Linda in segreteria a Palermo e
infine gli addetti dell'agenzia a Bari, questi graziosamente decidono di accettare il
pagamento in contanti. Mi chiedono allora la patente di guida e ci accorgiamo, io e il
tizio dell'agenzia, io sconvolto e lui divertito, che la patente è scaduta dal 1998. Non
essendoci a questo punto alternative al taxi mi precito fuori e vengo accolto, ovviamente
a braccia aperte, dal primo tassista della fila che mi rassicura: ci metteremo d'accordo
sul prezzo. Per farla breve, mi lascia a Brindisi a circa cinque chilometri dalla nave,
più leggero di 250.000 lire. Ma ci sono i telefonini e così Vincenzo può venire a
prelevarmi e condurmi, letteralmente, in porto. Vincenzo è in versione esportazione
internazionale. Rilassato, sorridente e in bermuda. Raggiungiamo i ragazzi, Marco Ferrera,
Manuele Pensabene, Paco Cottone, Giovanni Di Stefano e Marcobaglione (così come lo chiama
mio figlio Robi di due anni), mi metto anch'io subito in divisa (maglietta e bermuda) e ci
imbarchiamo. Abbiamo una sola cabina con quattro posti letto (a nulla sono valsi i
tentativi di corruzione del Commissario di bordo) e in questa ci sistemiamo, devo dire non
troppo scomodamente. Il mattino dopo giungiamo finalmente a Patrasso e di lì iniziamo il
viaggio di trasferimento, via Corinto e Atene, per Andros, l'isola dell'Egeo che sarebbe
stata teatro dei campionati. Come capita a tutti ci accorgiamo del famoso istmo di Corinto
solo dopo averlo attraversato. La sera siamo ad Andros, anzi a Gavrio cioè il porto
dell'isoletta di Andros, la più settentrionale delle Cicladi e (purtroppo) la meno
trasgressiva. Ma noi siamo con i ragazzi e quindi meglio così. Da Gavrio ci trasferiamo a
Korthi, il terzo centro abitato dell'isola e sede delle regate. E qui comincia la seconda
serie di disavventure. Non abbiamo dove dormire perché qualcuno si è "fregato"
i posti che avevamo prenotato da Palermo e cominciamo a sperimentare sulla nostra pelle la
profonda saggezza del detto in voga tra i militari italiani di stanza in Grecia durante
l'ultima guerra (se incontri un greco e un lupo
). I Greci poi infieriscono
pure perché dopo averti preso in giro, ti battono la mano sulle spalle e ti dicono
"italiani e greci, una faccia e una razza". Avranno forse ragione ma non
specificano di quale razza si parli. Troviamo alla fine posto a circa 20 chilometri di
curve in salita e in discesa da Korthi (il migliore albergo dell'isola distante solo
qualche chilometro, ci avevano detto!). Ma non è un albergo: sono tre stanze
"attrezzate" (li chiamano studios) in tre edifici differenti. Io e mio figlio
Giovanni per raggiugere la nostra dobbiamo fare circa 100 metri di strada in salita
(pendenza 45%), dovendo badare anche a difenderci dagli attacchi a tradimento di un botolo
assassino che non ci ha mai riconosciuto come ospiti regolari della pensione. Vincenzo e
Marcolino vengono alloggiati in una stanza calda, angusta e buia. La sistemazione migliore
è quella toccata a Marco, Manuele e Paco che comunque sono di minori esigenze e in grado
di dormire anche i piedi, come i cavalli. Vincenzo comincia a perdere un po dello
smalto vacanziero. Il mattino seguente, alle sette, lo trovo attaccato al telefono, con le
narici già fumanti, a tentare di rintracciare Linda (ndr: Linda! ringrazia il cielo per
l'inefficienza delle telecomunicazioni internazionali). Ritorniamo a Korthi (venti
chilometri di curve in salita e in discesa ma al contrario). Il posto è veramente
splendido, un ampio golfo a ferro di cavallo chiuso da due promontori, un paesino di case
bianche e linde, il mare di un colore incredibilmente azzurro. Mentre io e i ragazzi
facciamo colazione, Vincenzo inizia a litigare con l'Organizzazione per la sistemazione
alberghiera. Otto ore di estenuanti trattative, non prive di alcuni momenti di tensione.
Vincenzo perde per un attimo il suo ben noto self-control
.ma troviamo alla fine
un'altra sistemazione. Vincenzo, con Marcolino, si ritira, come Cincinnato, in campagna e
in una splendida casetta a due chilometri dal paesino. Io e i ragazzi veniamo alloggiati
un poco più lontano (5 chilometri di curve in salita e discesa) in un'accogliente dimora
mediterranea con vista panoramica sul golfo ma con sorpresa. La sorpresa è che dobbiamo
dividere la casa (e l'unico bagno) con il gruppo dei Polacchi e che per entrare e uscire
dalle nostre stanze dobbiamo attraversare la loro!. I Polacchi, per nostra fortuna, sono
dei veri santi (d'altro canto!) e, per quanto possiamo capire, accettano con rassegnazione
la nostra invasione. Non si lamentano dei nostri risvegli antelucani, del bagno
perennemente occupato, delle esuberanze rumorose dei ragazzi, delle nostre razzie sulla
loro scorta d'acqua fredda. Non si lamentano neanche quando Marco va nottetempo ad
occupare abusivamente il letto di uno di loro che, il mattino seguente, troviamo
tranquillamente addormentato in terrazzo dentro il sacco a pelo. Anche qui troviamo il
solito cane che tenta di aggredirci ogni volta che usciamo o rientriamo ma è un cane
vigliacco e fugge rapidamente appena simuliamo un contrattacco. La padrona di casa
peraltro ci invita tranquillamente a picchiarlo, quando ce ne capitasse l'occasione.
Nella foto Paco Cottone insieme alla bella "CUBANA"
Finalmente cominciano le regate e ci chiediamo subito il perché
l'organizzazione abbia scelto un posto così sperduto e con così poco vento per i
campionati del mondo: il mare è una tavola e spira un venticello leggero da terra.
Non avevamo fatto però i conti con il Meltemi, il vento delle Cicladi.
Qualche sospetto doveva però pur venirci. Tra la vegetazione tipicamente mediterranea
facevano spicco infatti numerosi abeti disposti a barriera e tutti i locali pubblici erano
attrezzati con pannelli mobili a proteggere gli avventori.
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Medici in trasferta. Il dott. Orsi e il dott. Di Stefano accampagnatori dei
rispettivi figli ottimi surfisti che per badare alle esigenze della squadra italiana non
sono scesi in acqua a disputare il campionato Master. Si sono dati appuntamento il
prossimo anno in Tailandia o in Italia (le due nazioni che si contendono il campionato per
il 2001).
Il mattino dopo arriva puntuale e per non abbandonarci più il Meltemi.
Già alle otto del mattino ci sono dieci metri di vento rafficato da nord e alle dieci le
colombelle arrivano quasi sino a riva. Credo che i ragazzi non dimenticheranno mai più la
regata disputata in quel giorno. La visione dall'alto era impressionante: Waterloo, alla
fine della famosa battaglia, non doveva apparire molto differente. La maggior parte delle
vele a mare, tavole difficili a distinguersi dalla schiuma delle onde, gommoni che
sfrecciavano da un concorrente all'altro a prestare assistenza e vento, soprattutto, vento
che impediva anche di respirare e pensare. La sera il pulmino era ricoperto da uno strato
compatto di salsedine.
La vita nel frattempo continuava. Marcolino, ormai allo stato brado,
scorazzava indisturbato per il paese e, quando le condizioni meteo lo permettevano, in
lungo e in largo per il golfo. Vincenzo, quando si allontanava da suo buen retiro, si
confortava di tutti i contrattempi strafogandosi di tortini di mele e fotografando ragazze
cubane e tutti i serpenti dell'isola. Giovanni e Paco trovavano il modo di litigare.
Manuele ogni tanto si svegliava provvidenzialmente da suo perenne torpore e trovava così
il modo di fare anche un eccellente secondo in una delle prove, Marco pensava già alla
sua prossima vacanza in compagnia dei genitori.
Alla fine, però, dai campi di regata sono arrivate grandi
soddisfazioni per gli Azzurri. Andrea Ferin, quasi indisturbato, conquista il titolo
mondiale under 15. Nella stessa categoria eroiche le prove dei ragazzini del Lauria: da
non dimenticare un ottimo primo posto di Armandino Udine che si lascia dietro anche Ferin.
Bravo ed elegante Alberto Gange, sempre del Lauria, che alla fine raggiunge il quarto
posto, a pari punti con il terzo, nella categoria under 17 seguito da Manfred Mayer
all'ottavo posto, da Paco al nono e da Giovanni all'undicesimo. Andrea Beverino raggiunge
il 20 posto negli Youth, Manuele il trentunesimo. Più in giù nella classifica Marco
Ferrera in chiaro ritardo di allenamento (quet'anno ha dedicato molto più tempo allo
studio: complimenti).
E così sono passati allegramente ben dieci giorni. Il viaggio di
ritorno non è stato meno avventuroso di quello d'andata, accompagnato anche dai sinistri
scricchiolii provenienti dal carrello sovraccarico di tavole, ma siamo riusciti a
ritagliarci anche un momento culturale con visita all'Acropoli ateniese.
Arrivederci al prossimo Mondiale.